Claudio Jampaglia, In cinquantamila per Abba

da LIBERAZIONE, 21 SETTEMBRE 2008

CLAUDIO JAMPAGLIA
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Milano, ricco corteo per ricordare il 19enne ucciso domenica scorsa. Alcuni hanno rotto le fila e si sono ripresi il loro spazio

In 50mila per Abba. E per se stessi:
«Questa è casa mia, non lo capite?»
Un momento di tensione fra i ragazzi e i poliziotti durante il corteo di ieri a Milano Fotogramma

Milano
(…)La polizia difende Palazzo Marino, Il Comune. Loro non sanno nemmeno cos’è. Non gliene fotte niente del Palazzo. Il fiume disorganizzato sa dove andare. Qualche calcio ad auto e motorino per passare. Qualche ruvidezza. Ma via, via. Senza bisogno di riot. Fino in via Zuretti. Da soli.
Da ieri a Milano è successo qualcosa. Per chi vorrà capire. Per chi vorrà ascoltare. E’ successo che un centinaio di ragazzi si sono presi il loro tempo, l’hanno battuto. Infischiandosene di tutto e tutti. A modo loro. Il corteo li lascia fare. Non potrebbe essere altrimenti. Anche perché “i ragazzi” non ascoltano nessuno. Solo i parenti di Abba, un cugino o uno zio, che si mette sempre di mezzo quando la tensione sale, quando vola qualche insulto. «Abba era un nonviolento», dice, «nessuno deve rovinare la sua festa». E tutti si calmano. Succede così anche alla fine, in via Zuretti, mentre gli striscioni delle centinaia di sigle della manifestazione sono rimasti in piazza Duomo. Tensione d’agitazione e d’accerchiamento della polizia. Ma poi tutti con le mani alzate per la canzone che piaceva ad Abba e poi ancora a ballare reggae nella via.
Adesso spetta a tutti quelli che stavano dietro a questi ragazzi, consapevoli o meno, non abbandonarli. Spetta ai 50mila di un corteo bellissimo, che riempie il cuore di colori, musiche, cartelli. Spetterà alla sinistra, alla società civile, non allontanarsi da quei ragazzi. Ascoltarli. Perché un conto siamo noi, la nostra voglia di solidarietà, multiculturalismo, nonviolenza. Un conto sono loro. Te lo dicono quando ti avvicini. Ti dicono “voi”. E hai voglia a spiegargli che sei lì per raccontare e che tu sei antirazzista da sempre. “Vaffanculo” è la risposta. C’è un noi e un voi. C’è un noi giovane, metropolitano, meticcio, precario, che quando prende parola e agisce vuole farlo a suo modo, stile e regole diverse.
(…)
Prima della partenza, prima di questa giornata speciale di cui la città rischia di non rendersi ancora una volta conto, c’erano state le parole della sorella Adriarata, dietro lo striscione che doveva essere d’apertura: «C’è troppo razzismo, devono smetterla, quel che è successo è drammatico, nessuno può sentire il dolore che ho dentro, per avere un paese bello bisogna vivere insieme». Dolore e dignità. (…)
.. Ma quale ponte con quei ragazzi che ancora alle 19 camminavano in centinaia lungo Melchiorre Gioia, incapaci di fermarsi? Moni Ovadia, ricordava ieri quando i clandestini erano gli italiani e dice che dovremmo dire grazie a questi ragazzi piovuti come una benedizione. Intanto a Quarto Oggiaro il centro sociale Torchiera con la rete antifascista milanese metteva in scena “Cronache di resistenza”, musica, memoria, writing per ritessere la periferia. E in Corvetto, gruppi di giovani presentavano il loro hip-hop, nato nel meltin’ pot di uno dei quartieri più tosti della città grazie a un progetto uscito dai Contratti di quartiere e dal lavoro di educativa di strada. Tutta roba che la città istituzionale, quella del “tutti a casa la sera”, non vuole. Ecco, forse bisogna ripartire da lì. Dal futuro.
21/09/2008

Claudio Jampaglia, In cinquantamila per Abbaultima modifica: 2008-09-21T23:22:00+02:00da mangano1
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