Franco Lolli, L’inconscio sacrificato alla necessità di godere

da il manifesto 25.01.2009
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Franco Lolli L’inconscio sacrificato alla necessità di godere
Un saggio di Gabriella Ripa di Meana

GABRIELLA RIPA DI MEANA, IL SOGNO E L’ERRORE, ASTROLABIO, PP.
196, EUro 18.00

L’inconscio è – parafrasando una felice espressione che Zygmunt Bauman
utilizza nel suo recente Consumo dunque sono – una delle «vittime collaterali
del consumismo». L’omologazione dei desideri individuali all’imperativo
sociale dell’acquisto non tollera gli intralci e le sviste che la sua rivelazione
imprevista comporta. Nell’epoca della mercificazione della vita umana, il franco1.jpg
cittadino ideale diventa colui che, seguendo ossequiosamente le norme
preventive prescritte dalla scienza medica, evita di ammalarsi e contribuisce,
così, allo sviluppo del mercato e del capitale, attraverso la propria
partecipazione ai riti del lavoro e del consumo. La malattia fisica e il disagio
psichico si oppongono al programma igienista che promette un rimedio ad
ogni male; che promette, cioè, a chi accetta di piegarsi alle indicazioni, una
sorta di eternità fatta di corpi snelli e sempre in forma, pance sgonfie, pelli
tirate e umore alle stelle – requisiti necessari per affrontare con disinvoltura il duro compito di sostenere l’economia con il proprio obolo consumistico.
La sofferenza – fisica o psichica, poco importa – non trova posto in un mondo
che, per garantire la propria sopravvivenza, impone al singolo individuo il
dovere morale di contribuire alla circolazione del denaro, obbligo che
richiede l’emancipazione da ogni forma di dolore e di angoscia – in grado,
pericolosamente, di paralizzare la spinta euforica all’acquisto. Rigetto
indignato dell’inatteso, da un lato, e, dall’altro, affermazione maniacale della
propria onnipotenza sono due possibili modi per definire l’uomo
postmoderno, impreparato a far fronte a tutto ciò che è nell’ordine della
imprevedibilità e della irreparabilità. In questo clima di negazione della
sorpresa e dell’incertezza – che, al contrario, Edgar Morin esorta ad affrontare
come necessarie all’educazione del futuro – l’inconscio, per l’enigmaticità
delle sue manifestazioni e per lo spiazzamento che produce quando appare,
subisce una sorta di ostracismo. Ostracismo al quale è condannato tutto
quanto, dell’esperienza umana, non si omologa al rassicurante discorso della
padronanza.
In difesa dell’inconscio, Gabriella Ripa di Meana ha scritto il suo ultimo libro, Il
sogno e l’errore, un invito appassionato a riaffermarne la centralità nell’attuale
congiuntura storico-culturale, che tende, appunto, a svalutare il ruolo
dell’inconscio per liquidarne definitivamente il ricorso in ambito psicoterapico.
Tra i meriti del testo c’è indubbiamente quello di dar forza alla voce e
all’azione di un «movimento» che, sebbene diversificato al proprio interno per
impostazioni teoriche divergenti, è compatto nel sostenere l’assoluta
imprescindibilità dell’invenzione freudiana nella comprensione e nella cura
della psicopatologia. L’autrice sottolinea l’importanza della parola del
soggetto in analisi; il testo del sogno, così come quello del lapsus, è in grado,
infatti, di veicolare un materiale inconscio attraverso il quale la verità
soggettiva può finalmente dirsi.
Fedele allo stile di Freud e alle indicazioni metodologiche che egli presenta
nell’Interpretazione dei sogni, Gabriella Ripa di Meana focalizza l’attenzione
sul gioco significante che struttura il funzionamento dell’inconscio, la cui
decifrazione (al pari di un rebus) permette alla questione soggettiva di
rivelarsi. Nella presentazione di preziosi frammenti estratti dal lavoro
analitico, appare evidente il privilegio accordato dall’autrice al primo Lacan,
al Lacan degli anni ’50, che crede nel potere assoluto del significante, ovvero
nella facoltà del simbolico di sciogliere i nodi sintomatici del soggetto. Una
visione che Lacan, è bene ricordarlo, supererà successivamente, quando
teorizzerà la parziale impotenza del linguaggio ad agire sulla componente
pulsionale del soggetto – la difficoltà, cioè, di modificarne l’economia libidica –
e individuerà nella categoria del reale, e nel concetto di godimento, l’aspetto
del sintomo che si oppone al trattamento interpretativo e che richiede
pertanto una posizione diversa dell’analista.
Particolarmente rilevante e convincente risulta la critica di Ripa di Meana al
mito della compulsione alle cure, della superspecializzazione, della
parcellizzazione degli interventi terapeutici e della loro successiva
integrazione che trasforma gli operatori della psiche in quelle che l’autrice
chiama «squadre di intervento, sindrome per sindrome» che ricordano «le
catene di montaggio» e che «reificano il paziente a oggetto prelibato di un
simposio cannibale». E il merito principale del libro si esprime proprio in
questo richiamo, quanto mai pertinente, alla considerazione della irriducibilità
del soggetto ad ogni tentativo di normalizzazione, che le moderne tecniche di
ortopedia psicologica e psicoterapica tendono ad attuare.

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Franco Lolli, L’inconscio sacrificato alla necessità di godereultima modifica: 2009-01-27T17:51:00+01:00da mangano1
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