Barbara Spinelli,Il potere apparente della Chiesa

da LA STAMPA, 8 febbraio 2009
barbara spinelli, Il potere apparente della Chiesa
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Solo in apparenza c’è contraddizione fra l’enorme caduta di autorità
manifestatasi ai vertici della Chiesa in occasione della riabilitazione dei
vescovi lefebvriani e il potere non meno grande che il Vaticano ha esercitato,
e sta esercitando, sul caso Englaro e sullo scontro tra istituzioni in Italia. Nel
lungo periodo il primo caso finirà forse col pesare di più: i libri di storia
racconteranno nei prossimi secoli quel che è accaduto nella Santa Sede,
quando un Pontefice volle metter fine a uno scisma, tolse la scomunica ai
vescovi di Lefebvre, e mostrò di non sapere bene quello che faceva. Mostrò
di ignorare quel che la setta sostiene, e quel che un suo rappresentante, il
vescovo Williamson, afferma sul genocidio nazista degli ebrei: genocidio che
il vescovo nega («gli uccisi non furono 6 milioni e non morirono in camere a
gas») e che non giustificherebbe il senso di colpa della Germania. Un papa
tedesco inconsapevole di quel che Williamson divulga da anni fa barbara1.jpg
specialmente impressione. I libri di storia racconteranno com’è avvenuto il ravvedimento, non appena il
cancelliere Angela Merkel gli ha chiesto d’esser «più chiaro»: i giornali
tedeschi, impietosi, descrivono il suo cedimento alla politica, la sua caduta
nel peccato (è un titolo della Süddeutsche Zeitung), la fine di un’infallibilità
che è dogma della Chiesa dal 1870, per volontà di Pio IX. Il rapporto con il
caso Eluana c’è perché anche quando esercita poteri d’influenza
sproporzionati, nei rapporti con lo Stato italiano, la Chiesa pare agire come
per istinto, senza calcolare a fondo le conseguenze: interferisce nelle leggi
del potere civile, sorvola su sentenze passate in giudicato, disturba
gravemente lo scabro equilibrio fra Stato italiano e Vaticano. Difende l’idea
che lo Stato debba essere etico, e che solo il Vaticano possa dire l’etica.
Dopo essersi rivelato impotente di fronte al mondo – impotente al punto di
«piegarsi» sulla questione lefebvriana – è come se il Vaticano si prendesse
una rivincita locale in Italia, esibendo una forza che tuttavia è più apparente
che reale. È apparente perché le questioni morali poste dalla Chiesa sono
usate dai politici per scopi a essa estranei.

Nell’interferire, la Chiesa non mostra autorità né autentica forza di
persuasione. Mostra di possedere quel che viene prima del potere di governo
(prima di quello che nella Chiesa è chiamato donum regiminis, un carisma da
coniugare col «dono della contemplazione»): esibisce pre-potenza. Proprio
questo accadde nel 1870: il Papa stava perdendo il potere temporale, e per
questo accampò l’infallibilità spirituale. La prepotenza ecclesiastica verso
Eluana e verso chi dissente dalla riabilitazione dei vescovi sembra avere tratti
comuni. Ambedue i gesti hanno radici nella superficialità, e in una sorta di
volontaria, diffusa incoscienza. Riconciliandosi con la setta, non mettendo
subito alcune condizioni irrinunciabili e accennando enigmaticamente a una
«comunione non ancora piena», il Papa ha trascurato molte altre cose,
sostenute nelle confraternite da decenni. Gli scismatici non si limitavano a
dire la messa in latino, volgendo le spalle ai fedeli. Si opponevano con
veemenza alle aperture del Concilio Vaticano II, e soprattutto alla
dichiarazione di Paolo VI sulle relazioni della Chiesa con le religioni non
cristiane (Nostra Aetate, 1965). Totale resta la loro opposizione al dialogo
con chi crede e pensa in modo diverso.

Granitica la convinzione, contro cui insorge la dichiarazione di Paolo VI, che
gli ebrei non convertiti siano gli uccisori di Cristo. Nostra Aetate non parla
solo dell’ecumenismo cristiano. Parla di tutti i monoteismi (Ebraismo, Islam) e
anche di religione indù e di buddismo. Apre a altri modi di credere, non
ritenendo che la Chiesa romana sia unica depositaria della verità e della
morale. Rispondendo a Alain Elkann, monsignor Tissier de Mallerais della
confraternita San Pio X dice: «Noi non cambiamo le nostre posizioni ma
abbiamo intenzione di convertire Roma, cioè di portare il Vaticano verso le
nostre posizioni» (La Stampa, 1-2-09). L’atteggiamento che la Chiesa ha
verso l’autonomia dello Stato di diritto in Italia non è molto diverso, nella
sostanza, da alcune idee lefebvriane. Il diritto e la Costituzione tengono
insieme, per vocazione, etiche e individui diversi. Il dubbio su questioni di vita
e morte è in ciascuna persona, e proprio per questo si fa parlare la legge e si
separa lo Stato dalle chiese.

È quello che permette allo Stato di non essere Stato etico, dunque ideologico.
Nell’ignorare la necessità di questi vincoli il Vaticano non si differenzia in
fondo da Berlusconi, oscurando quel che invece li divide eticamente.
L’interesse o la morale del principe contano per loro più della legge, della
costituzione. Il particolare, sotto forma di spirito animale dell’imprenditore-re o
di convinzione etica del sacerdote-guida, non si limita a chiedere un suo
spazio d’espressione e obbedienza (com’è giusto), ma esige che lo Stato
rinunci a fare la laica sintesi di opinioni contrarie. La laicità non è un credo
antitetico alla Chiesa, ma un metodo di sintesi. Su questi temi sembra esserci
affinità della Chiesa con Berlusconi e perfino con i lefebvriani, favorevoli da
sempre al cattolicesimo religione di Stato. I vertici del Vaticano si sono rivelati
in queste settimane assai deboli e assai forti al tempo stesso. Deboli, perché
per ben 14 giorni Benedetto XVI è apparso prima ignaro, poi male informato,
infine – appena seppe quel che faceva – paralizzato.

Il cardinale Lehman ha accennato a errori di management e comunicazione,
ma c’è qualcosa di più. Aspettare l’intervento della Merkel è stato distruttivo di
un’autorità. Nei libri di storia alcuni parleranno di clamoroso fallimento di
leadership. Una leadership così scossa, è cosa triste recuperarla su Eluana.
La Chiesa ha solo aiutato un capo politico (Berlusconi) a disfarsi con fastidio
di leggi e vincoli. Non si capisce come questo aiuti la Chiesa. Condannando
Napolitano, la Chiesa non sceglie la maestà della legge e la vera sovranità:
dice solo che le leggi di uno Stato pesano poco, e invece di usare la politica
ne è usata in maniera indecente. La questione Englaro non divide religiosi e
non religiosi, fautori della vita e della morte. Divide chi rispetta la legge e chi
no; chi auspica rapporti di rispetto fra due Stati e chi ritiene che lo Stato
vaticano possa legiferare al posto dell’italiano. Sono ministri del Vaticano che
hanno attaccato Napolitano: dal cardinale Martino presidente del consiglio
Pontificio Giustizia e Pace al cardinale Barragan, responsabile per la Sanità
nello Stato della Chiesa.

Il loro dovere istituzionale sarebbe stato quello di tacere, come laicamente ha
deciso di fare, unico e solitario nella maggioranza, Gianfranco Fini Presidente
della Camera. Come difendere la Chiesa, ora che non ha più potere
temporale e che vacilla? La questione sembrava risolta: non lo è. Non si tratta
di seguire l’opinione dominante: sarebbe autodistruttivo, proprio in questi
giorni il Papa ne ha fatto l’esperienza. Si tratta di ascoltare il diverso, di
documentarsi su quel che dicono i tribunali e la scienza, come rammenta
Beppino Englaro. Sull’accanimento terapeutico e l’alimentazione-idratazione
artificiale si possono avere opinioni diverse e si hanno comunque dubbi, per
questo urge una legge sul testamento biologico: non discussa
precipitosamente tuttavia. Non perché una maggioranza, adoperando il
povero corpo vivo-morto di Eluana, accresca i suoi poteri. Non annunciando
che «Eluana può generare figli» come dice, impudicamente, Berlusconi.
Prima d’annunciare e sparlare occorre informarsi, studiare, capire. È il dono
di governo e contemplazione che manca tragicamente sia in chi conduce la
Chiesa, sia in chi governa la Repubblica.

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Barbara Spinelli,Il potere apparente della Chiesaultima modifica: 2009-02-08T19:08:00+01:00da mangano1
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