Lucetta Frisa,Come fanno i pazzi

da : Se fossimo immortali, Joker,2006
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Lucetta Frisa,Come fanno i pazzi

Cerca quello che unisce e non separa
per sentirsi legato alla catena
della vita e a tutte le sue creature
in pena, chi nel deserto medita
vedendo i demoni e fame e sete
prova di quello che manca e d’ira
intride l’amore di grida il canto.
Come i pazzi che ritornano sempre
negli assoluti con addosso il freddo
e il caldo originari e carezzano
la terra con la mano contro la sua
crosta nudi come quando si nasce
col solo respiro senza parole
e un interminabile pianto.
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Come i pazzi che ritornano sempre
indietro negli assoluti e si vedono
sterco bava sputo merda muco
insetto e stanno in questo luogo ad occhi

torti pelle e capelli strappandosi
volendo non esserci nell’estremo
buco da dove si esce ma subito
aria luce mondo tutti insieme
feriscono e loro restano vivi
senza vita morti senza morte e
la distanza vorrebbero dei pianeti,
se non c’è nessuno che si avvicina
a loro con lo sguardo onnipotente
di chi prova un assoluto amore.

Se non c’è nessuno che si avvicina
migrano altrove spalancando braccia
si gonfiano d’ampiezza e il sangue ascende
in alto nella testa come in cielo
e diventano santi deliranti
vita, che cancellano la morte
con un colpo d’ala o un gesto astratto
fanno miracoli fanno l’amore
col mondo e tutto il suo schifo il suo orrore
gli strappano la lingua dei lamenti:
canta gli inni e le lodi – gli dicono –
ringrazia Dio che tutto quanto è creato
è ben fatto è bello e giusto è ciò che è:
tutto si può se si vuole e così sia.

Tutto si può se si vuole e ci basta
una parola per rovesciare
gli specchi farli bruciare mentono
tutti cosa vogliono loro cosa
ci chiedono che cosa sapranno
di noi che cosa siamo e non siamo?
Hanno artigli zanne pelo ruvido
ringhiano contro ci assalgono sono
indemoniati vogliono ucciderci.
Andate via non si accettano patti
tra l’alto e il basso il dritto e il rovescio ma
noi attizziamo i culmini e i loro opposti
ricordando l’umano che sta in mezzo
a queste atrocità, senza più scudo.

L’uomo che sta in mezzo deve farsi
vuoto come il deserto che i dolci
feroci venti incrociano vuoto
come l’immobile occhio del sole vuoto
come il freddo vuoto della notte
in bilico sul mondo mentre gli umori
dell’aria preghiere e corpo umiliano
di chi si rivolge al vuoto e chi no.
Deve farsi vaso spalancato alle
sue forze occulte e poi richiudersi
in sé nel suo buio, il suo solo centro –
casa e pelle. Non devi avere paura,
si dice l’uomo con voce del buio
lontana disumana voce, non sua.

Voce del buio, estrema, sembra unire
vita a morte. Chi sente quella voce
non si chiede se è folle non lo sa lui
è così spoglio di legge di ordine e
forma o solo andato via dove non sa,
forse all’inferno coperto dal fumo
dei sogni. C’è chi ascolta voci e chi
non può entrare in nessuna materia
in nessun modo e il suo sangue non trema,
chi va leggero levitando in aria
e tenta la traversata del cervello
segnato a morte dall’urto degli opposti.
Capovolto torna talvolta a dire
strane parole sulla dismisura.

Lucetta Frisa,Come fanno i pazziultima modifica: 2009-02-17T21:49:00+01:00da mangano1
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2 pensieri su “Lucetta Frisa,Come fanno i pazzi

  1. Testo molto duro, spesso criptico, ma animato da una grande tensione verso il mondo del limite, di cui fa parte anche l’alienazione. Credo davvero che il poemetto sia la misura giusta per questo tipo di scelta poetica, difficilmente risolvibile in una misura lirica più contenuta. Dare invece un respiro ampio, come l’autrice fa in questo e in altri esempi della sua interessante produzione, consente di diluire l’asperità, con esiti poeticamente più felici. Credo che uno dei motivi per cui il bisogno poematico si va, con tutta evidenza, diffondendo in moltissimi autori sia da rinvenire proprio nella tensione che tutti avvertiamo in questi tempi difficili; nel rapporto con una realtà avvertita come estremamente disadatta alle relazioni e ai progetti, una realtà fonte di disagio e dilemmi, con cui tuttavia occorre (e occorrerà) sempre più confrontarsi. Alessandra.

  2. Tensione è la parola giusta. Come poeta, intendevo dare una scansione fortemente ritmica e drammatica a un testo, come lo definisce Alessandra Paganardi, aspro, duro e forse criptico a una prima lettura. Mi interessava scivere una serie di sonetti concatenati e da questa concatenazione- e non solo- creare un senso percussivo, un’ossessività che chi, da una dimensione anòmala, alterata delle cose e dell’altro, prova direttamente sulla pelle. I Padri del deserto, sono i santi deliranti ai quali mi riferisco che cercano l’Assoluto, il Vuoto o Dio,in quanto mistici o semplicementi Folli. La follia non è un andare Oltre ? così come nella mistica e nella poesia, l’0ltranza è tutto quanto non è qui e ora e la tensione non può che accompagnarla.
    grazie per l’ospitalità.
    lucetta frisa

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