Patrizia Gioia, Il mio viaggio a Bali

da PATRIZIA GIOIA
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Bali si può ri-ascoltare l’armonia perduta
per rimetterci “qui e ora” a studiare musica!
 
Il viaggio a Bali con la Fondazione Arbor …alla maniera di Patrizia Gioia
 
 “Io sono un artista, io non ho fatto la storia, io ho solo riprodotto la storia fatta da altri.”
 
Davvero sconvolgenti queste parole, dette da Walter Frentz, fotografo ed operatore cinematografico
personale di Hitler, al figlio Walter , che negli anni 60 chiedeva al padre la verità sulla sua
personale relazione e collaborazione al regime nazista.
 
La “banalità del male” sta proprio in questa terribile ignoranza, non voler comprendere che noi,
ognuno di noi, è artista che coopera con la propria unica e irripetibile opera all’opera della storia.
Tirarci fuori da questo significa ignorare parole come consapevolezza, responsabilità, dignità, etica.
Movimenti che arrivano più dal cuore che dalla mente, che sono comunque inseparabili perché la
realtà che ci contiene è “cosmoteandrica”, una cooperazione costitutiva di cosmo, Dio, uomo, dove
nessuno è più importante dell’altro perché costitutivamente inter-in-dipendenti.
 
Realtà questa che si tocca con mano nella straordinaria naturalità dell’isola di Bali, dove la continua
ritualità di devozione all’invisibile crea continuamente la dinamica creazione nel visibile.
E’ per questo che lì ognuno sorride, lì non si è felici, chè la felicità come scrive Rilke ha il suo
contrario nell’infelicità, li è la gioia che vive e che fiorisce e non è certo un caso che la natura sia
così rigogliosa e gli uomini così sorridenti!
Essere in armonia col dharma di ogni cosa e nel medesimo tempo vivere il personale dharma che
s’incarna nella coscienza è per ogni indù l’essenza stessa della religione, anche se l’induismo non è
una religione, almeno non nel significato che noi ignorantemente diamo il più delle volte alla parola
religione, lasciandoci infinocchiare dalle credenze invece che lasciandoci penetrare dall’esperienza
della fede, ogni giorno e mai una volta per sempre.   Poveretto colui che non la perde la fede!
 
L’errore di chi ci va a Bali, “turista per caso” per essere felice, non farà altro che riprodurre la stessa
frattura che qui in occidente abbiamo così bene messo in pratica e che ci fa partire credendo
che là si troverà ciò che qui più non c’è.
Ma come ancora non voler “sapere” che siamo noi spazio e tempo e che “lontano da dove?”
è la mappa con la quale sempre partire lasciando ed osando il rischio della radicale dinamicità
della creazione di cui noi siamo necessari cooperatori.
“La permanenza dell’impermanente”, un’intuizione religiosa nel profondo senso di questo
“religare”, tenere insieme, cooperare nella mutua responsabilità di tutti gli esseri al dinamismo
della creazione.
 
Non siamo mai soli anche se il cammino è in solitaria e a Bali la si sente la presenza energetica
delle forze che ci muovono e alle quali essere quotidianamente grati. Ognuno di noi sostiene,
mantiene in essere la forma delle cose; noi cooperiamo a mantenere la coesione del mondo, quella
che noi chiamiamo legge di natura è norma eterna e ordine sia del cosmo, sia della vita di ciascuno
di noi; essere in armonia è essere devoti al servizio dell’essere dono alla vita e il dono crea sempre
 legame, anche se qui in occidente la gratuità è perduta.
Qui tutto è in vendita, tutto è stato trasformato in prodotto, meglio se firmato, senza alcun valore ma
a caro prezzo,  il valore è diventato ciò che era solo il mezzo e non il fine: il danaro.
Bali profuma di bellezza, dove puzza e profumo sono inseparabili, l’odore dell’acqua del fiume, si
mescola con quello della terra argillosa, il profumo del carnoso fiore di frangipane si mescola con
quello acre e caldo dell’incenso, profumi che vengono continuamente offerti agli dei che sostano
nel tempio di ogni abitazione, dalla più sfarzosa alla più povera.
Perché la bellezza è semplicemente manifestazione dell’anima mundi, “non esistesse la bellezza
 –scrive Hillman-  gli Dei, le virtù e le forme non potrebbero rivelarsi. La bellezza è una necessita
epistemologica; l’aisthisis è il modo in cui noi conosciamo il mondo. E Afrodite è la nudità delle
cose mentre si mostrano all’immaginazione sensuosa…un avere naso per la visibile intelligibilità
delle cose, il loro suono, il loro odore, forma che parlano con e attraverso le reazioni del nostro
cuore; un rispondere alle fattezze, alla lingua, ai timbri e ai gesti delle cose in mezzo alle quali ci
muoviamo.”
“Coscienza delle cose” è liberare e liberarsi dalla costrizione occidentale del soggettivismo.
Il fermarci a notare ciascun evento- scrive ancora Hillman- avrà l’effetto di farci rallentare in
modo radicale…limiterebbe la nostra fame di eventi e di per sé questo rallentamento dei consumi
influirebbe sull’inflazione, sulla crescita incontrollata, sulle difese maniacali e sull’espansionismo
 della civiltà. Forse, chissà, gli eventi tanto più accelerano quanto meno vengono notati; forse gli
eventi tanto più assumono dimensioni catastrofiche quanto meno ricevono attenzione: Forse, via
via che i sensi si affinano, si riducono proporzionalmente il gigantismo e il titanismo.
L’attenzione alle qualità delle cose recupererà la vecchia idea di notitia, intesa come attività
primaria dell’anima. Il termine notitia rimanda alla capacità di formarsi nozione veritiere
attraverso l’attenta osservazione, con il notare le cose: quella presa di coscienza diretta delle cose
_ acquaintance – dalla quale dipende la conoscenza”.
Proprio il contrario di ciò che noi chiamiamo notizia e che ogni tipo di media ci propina, un
impazzito susseguirsi di immagini e parole senza alcuna possibilità di sosta per la vista dell’occhio
e l’ascolto dell’orecchio, figuriamoci del cuore!
 
A Bali l’incenso si accende ritualmente e sacralmente e lentamente, per purificare l’anima del
mondo, inseparabile dalla nostra, qui da noi la sua non è più rito di benedizione ma solamente
sterile profumazione d’ambiente.
Qui il paradiso è davvero perduto, “quel “paradiso che crediamo di ri-trovare partendo per Bali,
solo e soli, miseri turisti, mentre è arrivata l’ora di farlo nuovo il paradiso, con la nostra nuova
innocenza.
 
La Fondazione Arbor, che da tempo sta cooperando al dialogo interculturale e interreligioso ha
contribuito con il suo pensiero e la sua opera alle fondamenta di un centro olistico a Bali dove è
proprio il dialogo tra le religioni la pietra centrale da cui partire per essere “artista”, ognuno con la
propria costitutiva differenza, ognuno dialogando con “Ahimsa”, la non violenza, innocente ( che
non nuoce) sorriso della Vita.
 
Gandhi scrive che :“Ahimsa e Verità sono totalmente interdipendenti che è praticamente
impossibile distinguerle e separarle. Sono come le due facce di una moneta, o meglio di un disco
metallico su cui non è impressa nessuna figura. Chi può distinguere una parte dall’altra? Tuttavia
l’ Ahimsa è il mezzo e la Verità il fine . Un mezzo, per essere tale, deve sempre essere alla nostra
portata, e dunque la pratica dell’ahimsa è il nostro supremo dovere. Se sappiamo usare il mezzo,
siamo destinati a raggiungere prima o poi il fine. Qualsiasi difficoltà possiamo incontrare,qualsiasi
sconfitta apparente possiamo subire non dobbiamo abbandonare la ricerca della Verità, perché è
l’unica cosa esistente , essendo Dio”.
 
Ma, da noi, che diciamo di non credere più a niente crediamo invece che Dio è morto.
Ma credere è una cosa, avere fede è ben altra cosa. La prima è, se fatta almeno con la nostra testa ,
pensiero solo della mente, la fede invece arriva dalla relazione dinamica tra mente
e cuore e partecipa all’esperienza dello Spirito, un indicibile a dirsi.
 
 
 
Non è un caso lo stupore degli scienziati che, osservando gli scatti aerei fatti dalla Nato sopra
tutta l’Indonesia, constatavano smarriti come solo l’isola di Bali “brillava”, domandandosene
il perchè.
Se la smettessimo di chiederci “perché”, iniziando invece a chiederci “come e cosa” possiamo fare
per far brillare ( non con le mine) ogni luogo di questa magnifica nostra casa che stiamo trafiggendo
d’ignoranza e indifferenza, faremmo un bel passo in avanti, verso la Verità, perché la Verità è cio
che ci cerca e che si cerca, come faceva Gandhi, senza violenza e con nuova innocenza.
Pur sapendo che la Verità è irriducibile all’unità e che è proprio nel dialogo che accoglie la
costitutiva differenza dell’altro che potremo mutuamente fecondarci, senza difesa alcuna, senza
offesa alcuna.  Uno straordinario incontro e non un continuo scontro.
 
Ognuno di noi è portatore di luce e divenirne consapevoli ci cambia la vita, trasforma
i vuoti che riempiamo da bulimici e svuotiamo da anoressici, in luoghi ove sostare, incontrando le
contraddizioni dell’altro da noi e le nostre in noi, senza scappare altrove, ma rimanendo, sostando,
per scoprirci di più della somma delle parti, per scoprire la trascendenza che ci attraversa come
energia creatrice e che si propaga illuminando, con una luce così pura da imprimere tutte le
pellicole dell’universo, perché è la luce dell’Amore, quella che “move il sole e le altre stelle”,
entrando in ogni cuore, se noi per primi apriremo il nostro alla fede di questo straordinario processo
di esseri parti costitutive del ben-essere di ciascuna creatura visibile e invisibile.
 
A Bali, nella mia stanza aperta sull’oceano, circondata da una natura che mi faceva sentire nel
mondo di Gulliver, pronta anche ad incontrare serpenti e scorpioni, tanto tutto era superbo e
in armonia, pur sapendo che “del bello l’inizio è il terribile” mi piaceva , accompagnata qualche
volta anche dal concerto della pioggia, stare a guardare una delle mie compagne di stanza, una
magnifica lumaca che aveva una casetta mai vista prima così grande.  
Una sera, con il suo passo che tutti conosciamo, arrivò sino al vaso di orchidee che ornava
la mia enorme vasca di pietra cangiante e iniziò la sua cena, in compagnia della foglia
verde dell’orchidea, lenta lenta succhiava e succhiava, come un piccolo il seno della madre e
la foglia cooperava amorevolmente alla cena, abbandonandosi e lasciandosi succhiare.
 
Dopo un po’ ( mica sono abituata come loro a quel clima tropicale!) le salutai entrambe e, lasciando
la loro tavola, andai a dormire, paga di tanta bellezza, pronta per sogni mai sognati (visto che ero
 dall’altra parte del mondo, pure loro avrebbero dovuto farne i conti!)  cullata sempre
 dall’impagabile concerto, mai sentito prima, della pioggia sui molti indicibili tasti della natura.
Mi addormentavo ogni sera confortata dall’essere in perfetta armonia, il velo bianco che circondava
il mio grande letto era ri-velazione d’ogni momento che la vita ci porta e il sorriso della luna si
confondeva col mio di gratitudine.
 
Ah! se in tv le sapessero trasmettere vere le isole!
Invece solo finzione, dove l’armoniosa rigogliosità della natura è stata miseramente trasformata in
inumani addensamenti, conglomerati di tanti rigidi moplen, simulacri delle calde morbidezze di
labbra e seni dove la mia lumaca mai potrebbe succhiare linfa e amore.
 
Alla mattina,  svegliata dolcemente e stranamente da canti d’uccello mai sentiti prima e da un sole
già caldo nel cielo, quando ritrovai le mie amiche, risi di gusto, pur provando anche un po’
malinconia,
La lumaca era, come dire, stravaccata a pancia all’aria sulla superficie della terra, totalmente
appagata e non credo certo per indigestione.
La foglia era diventata quasi trasparente, in un nuovo tutù verde più chiaro di quello
del primo atto, si era ora ripiegata con grazia verso la lumaca, quasi a proteggerla in un abbraccio,
danzando come ballerina sulle punte si stava ora preparando per l’ultimo atto, pronta a raccontare
la gratitudine al dono che aveva ricevuto donando.
Con questa infinita grazia abbandonava e si abbandonava al nuovo viaggio, non era un addio ma
semplicemente un arrivederci .
 
Sappiamo essere così anche noi con ogni altro, con i doni della nostra madre terra?
Sappiamo lasciare, se non migliorato, almeno come abbiamo trovato e ricevuto ogni dono?
Sappiamo ancora essere grati?
Sappiamo essere eredità e promessa?
 
No, non sappiamo più essere come la mia cara lumaca e la mia cara foglia.
Loro erano in armonia con tutto, noi non più.
E noi non ci crediamo più all’armonia ( ma all’isola dei famosi si!) perché non sappiamo più
abbandonarci allo stupore ascoltando con il cuore.
 
Il sapore di un vino – scrive Kant – non appartiene al vino..ma alla particolare costituzione
sensoriale del soggetto che lo assaggia. I colori non sono proprietà dei corpi…ma soltanto
modificazioni del senso della vista”.
 
Il miglioramento della qualità della vita è consapevolezza che senza relazione nulla esiste,
che solo nella relazione “tra”, lo Spirito si fa Carne e la Carne Spirito, inseparabili!
Il solve et coagula del processo alchemico, la preoccupazione di salvare l’anima dalla fuga nello spirito
e al tempo stesso di farla uscire dai confini del materialismo, si ricollega alla tempiternità  di Raimon Panikkar, all’hic et nunc di Gesù, dove è senza miracoli, ma anche con il corpo che si risorge.
 
A Bali si può ri-ascoltare l’armonia perduta che ci invita a rimetterci “qui e ora” a studiare musica!
 
Patrizia Gioia…alla mia maniera
Marzo 2009
        

Patrizia Gioia, Il mio viaggio a Baliultima modifica: 2009-03-16T14:35:00+01:00da mangano1
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