Attilio Mangano. “Acasadidio”di Giorgio Morale

attilio.jpgIl secondo libro di Giorgio Morale esce in un periodo in cui l’esplosione della crisi sommerge col suo rumore di fondo la società in una successione di paure e di fantasmi, di interrogazioni sul futuro che ci attende, sulle vie di uscita possibili. Ma proprio per questo esso si presenta come parte di un mosaico e forse, come spesso succede quando la letteratura entra come una testimonianza e riesce a trovare le parole che servono per capire meglio, il suo valore di indicatore va segnalato come uno squarcio che illumina il paesaggio.
Non che le storie raccontate in un’opera come Acasadidio siano in sé paradigmatiche, esemplari, semmai sono in qualche modo perfino troppo “normali”, senza clamore, ma proprio per questo fotografano un disagio, un malessere, qualcosa che accompagna silenziosamente la sorte di persone che sono accanto a noi, una miriade di episodi, di ordinario silenzioso malcostume che vediamo intorno a noi e a cui ci si abitua.
Da una parte c’è il mondo che ruota attorno al volontariato, dall’altra il mondo silenzioso e anonimo dei tanti migranti che vivono i loro drammi di sopravvivenza e di sconfitta in un mondo che nemmeno si accorge di loro se non per scoprire una città piena di storie anonime e sconosciute. Da un lato c’è la storia ordinaria di un Centro di volontariato che accompagna il compito ufficiale di trovar lavoro a immigrati con un gioco continuo di affari e finanziamenti, contributi, dirottamenti, un vero e proprio macchinario per far soldi coniugando pubblico e privato in un gioco di sponda in cui chi viene “aiutato” è solo un pezzo di un ingranaggio. Dall’altro storie altrettanto silenziose e perdenti di donne immigrate, una mescolanza di piccoli crimini e di tentativi di vie d’uscita, violenze, prostituzione. Storie di ordinaria delinquenza, diverse da quelle che balzano a volte al clamore della cronaca e che pure coesistono con esse.
La cosa che colpisce di più è proprio questo, l’intreccio di legalità e affari, sottobosco e umiliazioni, attese e sconfitte. Giorgio Morale non fa un racconto di denuncia politica e di impegno civile, lascia che le vicende scorrano nel loro male come qualcosa che non sappiamo vedere e che invece è di continuo accanto a noi. C’è stato chi ha paragonato questa Milano a quella di un tempo della cosiddetta Milano da bere, io non so dire se occorra mettere in evidenza di più i tratti di continuità o quelli di discontinuità, il merito di Acasadidio è comunque nell’addentrarsi fra i meandri e raccontare, facendo parlare i protagonisti stessi, il legame segreto di complicità che unisce la Milano conosciuta e quella sconosciuta.
Non è un mondo dove le cose si compiono di nascosto, nell’illegalità, sottobanco, è il mondo delle tante strutture con cui a tutti può capitare di avere a che fare, quelle sanitarie e quelle dei servizi sociali, una rete molecolare di rapporti, la vita di una popolazione metropolitana col suo tran tran quotidiano. Chi pensa che basterà domani far clamore con una ronda, con una qualche campagna di paura e insicurezza, non sa o non capisce che non è qualcosa che arriva da fuori per minacciare la vita della gente per bene, è un degrado di relazioni e affari, storie personali sconosciute, dolori, crisi, abbandoni, che è parte stessa di un paesaggio metropolitano in cerca di identità molteplici da costruire, è un intreccio di nuovo meticciato sociale e dell’affacciarsi di una generazione del “fare”, nelle sue concretezze e nel suo scontrarsi col sottobosco amministrativo che accompagna la vita politica stessa di una città nella coesistenza di miliardi da spendere e di microstorie.
Il secondo libro di Giorgio Morale, dopo il bell’esordio di Paulu Piulu con la sua poetica dell’Infanzia (quella siciliana del protagonista), può apparire una svolta rispetto a una scrittura più intima ed evocativa, ma rivela invece la tenuta di fondo di una scrittura struggente che non è quella che ci si può attendere pensando alla denuncia politica del male, che non ama gridare e polemizzare e scopre i toni amari, confidenziali, tra le righe.
In questo senso il secondo libro dello scrittore è anche il momento della conferma, dopo l’opera prima che si presenta come una rivelazione e una sorpresa. Ho preferito non soffermarmi sulla “trama” narrativa per lasciare al lettore il piacere di seguirla e scoprirla, nel susseguirsi di varie storie crudeli e sintomatiche che delineano vicende personali anche stringenti. Morale insomma non ha fatto un libro corale per descrivere solo un’atmosfera, ha legato le storie a figure di potere che comandano e profittano, ha cercato di far capire cosa significhi oggi vivere a casa di Dio, in un succedersi di periferie e di malanni, di amori e di violenze spicciole. E’ giusto chiedersi naturalmente se il libro sarà scoperto e amato dai lettori, mentre in giro si parla di scandali e premi Grinzane o di illustri critici che scrivono opere complete ma forse inutili come il “Novecento” di Asor Rosa. Spesso insomma si parla di letteratura sui giornali sempre sull’onda del piccolo o grande gossip, mentre un nuovo scrittore che trova conferma e rivela la sua maturità ha bisogno di essere individuato, segnalato. Per questo ci ho provato anche io, per il piacere di confermare quanto sia importante misurarsi con uno scrittore di tempra.

Attilio Mangano. “Acasadidio”di Giorgio Moraleultima modifica: 2009-03-19T18:29:00+01:00da mangano1
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