paolo di stefano, un carteggio ritrovato

Carteggi Ritrovata una corrispondenza inedita iniziata nel 1978. La scrittrice, in difficoltà economiche, chiede più volte aiuto
Ortese – Sciascia:
la nostra povera Italia
Lei: «Moro e Tortora sono martiri, i politici indifferenti». Lui: «Viviamo in un Paese senza verità»
di Paolo Di Stefano
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(“Corriere della Sera”, 24 aprile 2009)

Difficile immaginare scrittori più diversi, eppure tra Leonardo Sciascia e Anna Maria Ortese si stabilì un’amicizia a distanza e una reciproca stima insospettate. Lo dimostra lo scambio epistolare che viene pubblicato nei vent’anni della morte dello scrittore siciliano dal semestrale «Il Giannone», diretto da Antonio Motta, che gli dedica un ricchissimo numero monografico. Si tratta di un corpus lacunoso e un po’ sbilanciato, che prende avvio all’indomani dell’uscita depaolo1.jpg L’affaire Moro: due sono le lettere di Sciascia (conservate nell’Archivio di Stato di Napoli), quindici quelle della Ortese (conservate nella Fondazione Sciascia di Racalmuto). Già in Todo modo, del ’74, a proposito del rapporto con la realtà Sciascia aveva evocato un racconto della Ortese, Un paio di occhiali, il racconto «della bambina di vista debole cui danno finalmente gli occhiali; e la miseria del vicolo napoletano in cui vive le balza improvvisamente incontro, le provoca vertigine e vomito». Un tributo insolito, per uno scrittore che amava citare soprattutto i classici. Ma non è escluso che la corrispondenza nascesse da un comune sentire attorno all’assassinio del politico democristiano, a proposito del quale la stessa Ortese aveva scritto sul «Secolo XIX» un vibrante j’accuse contro l’indifferenza della classe politica. È possibile che la Ortese avesse deciso di esprimere la propria solidarietà a Sciascia dopo aver letto su «Panorama» l’articolo in cui l’autore del Giorno della civetta definiva lo Stato un «guscio vuoto». A una prima lettera (perduta) della scrittrice napoletana (data 7 luglio ’78), Sciascia risponde da Racalmuto il 4 novembre scusandosi per il ritardo («per scrivere un libro, ogni anno, ho bisogno di un quasi assoluto isolamento»): «Le sue domande sono anche le mie. E principalmente questa: che cos’è questo Paese? Un Paese, sembra, senza verità; un Paese che non ha bisogno di scrittori, che non ha bisogno di intellettuali. Disperato. Pieno di odio. E nella disperazione e nell’odio propriamente spensierato, di una insensata, sciocca vitalità. Sembra». Tuttavia, aggiunge Sciascia, sotto sotto si scopre «come nascosto, come clandestino, un Paese serio, pensoso, preoccupato, spaventato», costretto a «fare i conti con quell’altro Paese, quello del potere, dei poteri: quello che non vuole la verità, che non ci vuole, che ci costringe a quella che Moravia chiama estraneità dolorosa»…

paolo di stefano, un carteggio ritrovatoultima modifica: 2009-04-24T20:13:00+02:00da mangano1
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