Tonino Bucci, DE LUNA,«La vendetta della televisione»

DA liberazione
De Luna: «La vendetta della televisione»

 

 

 

 

Unknown.jpegIl grande scontro è andato in scena. L’occhio impietoso della telecamera ha esposto in pubblico il corpo del Pdl o, meglio, il corpo fisico  dei suoi leader, ripresi nei loro gesti, nei loro nervosismi. Un partito – ricordiamolo – costruito e progettato fin dall’epoca di Forza Italia per ben figurare in televisione e che, proprio nella televisione, ha trovato l’ambiente acquatico in cui prosperare. Un congegno perfetto, mediaticamente parlando. Qualcosa, però, è andato per il verso storto. L’altro giorno alla direzione nazionale del Pdl è andato in onda un match agonistico scandito da tempi televisivi. La regia, abbandonato ogni riguardo, ha ripreso impietosamente i tic, lo sconcerto, la rabbia dei due leader. La logica dello show, dello spettacolo, dell’inquadratura ha avuto la meglio sul protocollo, sulle regole e sulla liturgia tipici di un organismo di partito. Ogni mediazione è saltata. Nessuna ritrosia a mostrare il retroscena. Leggiamo quel che ne pensa lo storico Giovanni De Luna, docente all’università di Torino.

Insomma, quella di ieri è stato un momento di verità, di reality, o un segno di ulteriore involuzione e svuotamento dei partiti?
Fin dalla sua nascita il partito berlusconiano ha una natura profondamente mediatica.Berlusconi ha creato un partito nel cui dna c’è la televisione come strumento di organizzazione e come veicolo di consenso. Del resto, dagli anni Ottanta in poi la tv ha costruito la storia di questo paese ha costruito. Finora, però, l’uso dei media era limitato alla rappresentazione e all’autorappresentazione del partito, cioè serviva a proiettare all’esterno l’immagine – positiva – del partito. Ieri (giovedì, ndr) è accaduto che la televisione entrasse in una sorta di radiografia interna del partito. L’invasività della tv si è ritorta contro la sua creatura. Questa creatura televisiva è stata mostrata in televisione anche nelle sue viscere, fin nei suoi apparati digerenti, nelle sue sconcezze interiori. La rappresentazione stavolta non è stata più rivolta dall’interno verso l’esterno, ma dall’esterno verso l’interno.

La logica dello show esige che in scena ci sia il leader altrimenti si rischia una caduta di tensione drammatica, no?
La drammatizzazione è legata alla figura del leader, di Fini come di Berlusconi. L’“ipertelevisismo” berlusconiano ha reso drammatico il confronto. Quello che è andato in onda è l’incapacità di Berlusconi di tollerare all’interno delle sue aziende il dissenso del dipendente. Lo sconcerto, la rabbia, il rancore che si leggeva sul suo volto è qualcosa che raramente si è visto in televisione in una riunione interna del suo partito. Una novità, legata più al contesto di una leadership aziendale che non di una leadership politica. E poi varrebbe la pena di osservare anche le posture, le espressioni, i corpi, i visi dei gerarchi. Il volto di Bondi è interessantissimo, affiorava lo sgomento e lo sconcerto di chi viene catapultato in una situazione anomala che non è concettualmente in grado di controllare. Meriterebbe di comparire tra i documenti sui quali potrebbero studiare i miei allievi tra dieci, quindici anni. Sarebbe una traccia interessante per comprendere la politica di oggi.

L’immagine, il cui uso è determinante nel costruire il carisma pubblico del capo, qui ha invece messo a nudo il Re. Non crede?
Si è disintegrata la gerarchia. Rivolgendosi al capo col tu e chiamandolo direttamente Berlusconi, Fini ne ha fatto saltare l’aura. Sono crollati i rituali cui ci ha abituati la personalizzazione della politica. Mi piacerebbe capire cosa è successo nella testa del regista di quelle immagini. E’ come se, a un certo punto, la professionalità gli abbia preso la mano e l’abbia spinto a documentare quello che vedeva, indipendentemente dalle sue stesse intenzioni. Andare a inquadrare Fini in quel modo, Berlusconi in quell’altro e così via, è il segno che quel regista si è lasciato prendere dagli eventi. La sua regia seguiva gli eventi senza più dominarli.

E’ stato notato. A un certo punto il regista ha messo da parte le inquadrature di riguardo. Berlusconi, di solito abituato a recitare la parte del capo, è stato declassato a partner, inquadrato mentre ascoltava l’arringa di Fini. Chi di immagine ferisce, d’immagine perisce…
E’ come se nel codice genetico di Forza Italia fosse scritto questo finale mesto. La sovraesposizione televisiva alla fine si ritorce contro e viene a frugarti anche dentro. La televisione scava nel corpo del partito non solo per mostrarne all’esterno la sua dimensione esteticamente più gradevole, l’immagine edificante, ma per esporre in pubblico anche la radiografia interiore, gli aspetti più sgradevoli, gli intestini. La situazione è sfuggita di mano e ha fatto saltare tutti i canoni della messa in scena. Quel che mi preoccupa è che sul palco, elemento essenziale nella scenografia del centrodestra, sta rimanendo un uomo solo. In questo paese è un fatto che suscita qualche inquietudine.

Tonino Bucci
in data:
24/04/2010

Tonino Bucci, DE LUNA,«La vendetta della televisione»ultima modifica: 2010-04-24T19:20:57+02:00da mangano1
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Un pensiero su “Tonino Bucci, DE LUNA,«La vendetta della televisione»

  1. Importanti osservazioni di De Luna,”Si è disintegrata la gerarchia. Rivolgendosi al capo col tu e chiamandolo direttamente Berlusconi, Fini ne ha fatto saltare l’aura. Sono crollati i rituali cui ci ha abituati la personalizzazione della politica. Mi piacerebbe capire cosa è successo nella testa del regista di quelle immagini.”

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