In Iran rivoluzione per pochi

da IL SOLE 24 ORE

 

9.peg.jpegNel movimento verde, in Iran e nella diaspora, queste diverse anime convivono. Definirne le percentuale non è possibile. Non vi sono statistiche e molti tengono i piedi in più scarpe: se ottimisti circa il crollo della Repubblica islamica, tendono verso la laicità, se intimiditi propendono per l’attuale cornice legale. Dopo la repressione di questi mesi è comunque ragionevole sostenere che sia maggiore il numero di coloro che credono che la Repubblica islamica non sia riformabile. A sostegno di questa tesi sono portati gli slogan di condanna dell’attuale sistema politico. Urlando: «Morte al dittatore!» i manifestanti se la prendono con il leader supremo Khamenei, mentre «Né est né ovest, Repubblica iraniana» oppure «Governo nazionale verde» sono nuove versioni del «Né est né ovest, Repubblica islamica!» dell’Ayatollah Khomeini.

 

I nuovi slogan suscitano le reazioni di coloro che, all’interno del movimento verde, chiedono un cambiamento ma non l’abrogazione del velayat-e faqih. Ministro alla Cultura dell’ex presidente riformatore Khatami, Mohajerani ha dichiarato: «Gli slogan che vogliono la rimozione di Khamenei non appartengono al movimento verde, ma a forze marginali composte da monarchici, marxisti e ai mujaheddin del popolo», minimizzando il fatto che oggi moltissimi siano contro il leader supremo. A fine dicembre, in occasione delle manifestazioni di Ashura, i laici erano stati accusati di «approfittare delle occasioni religiose per diffamare il movimento verde», e c’erano stati screzi tra le diverse anime dell’opposizione. Queste divisioni sono presenti anche nelle famiglie dei funzionari pubblici: mentre i genitori cercano un compromesso, i figli si spingono oltre.

Detto questo, l’Iran è una realtà complessa, ma è evidente che il movimento verde sia contraddistinto da due elementi che lo indeboliscono: è prevalentemente persiano in un paese dove convivono minoranze etniche, linguistiche e religiose; in campagna elettorale Mussavi e Karrubi le avevano corteggiate sperando nel loro voto, e ora per essere vincenti dovrebbero tirarle dalla loro tenendo presente che le minoranze etniche sono spesso anche minoranze religiose (i musulmani sunniti, 9% della popolazione, sono baluci, turcomanni e curdi). Il secondo luogo, il movimento verde è di élite e finora non ha veramente coinvolto i ceti più bassi. Gli storici vi leggono la stessa debolezza del partito comunista Tudeh al tempo dello scià: vi militavano i ribelli della borghesia e gli intellettuali di sinistra, ma non il proletariato urbano, con cui comunicava meglio l’Ayatollah Khomeini.

Venendo ai fattori che potrebbero portarla al successo, l’onda verde dovrebbe cercare di coinvolgere maggiormente i sindacati, che in questi mesi sono stati presi di mira dalle autorità. E, al tempo stesso, usare i meccanismi del movimento statunitense per i diritti civili: mantenere alta la motivazione dei sostenitori, rinsaldare i legami con chi opera dentro al sistema e non far calare l’attenzione internazionale. E questo è anche compito nostro.

In Iran rivoluzione per pochiultima modifica: 2010-06-08T15:26:48+02:00da mangano1
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