Nel 1440 Lorenzo Valla scrive un opuscolo sulla donazione di Costantino. Con argomenti di analisi linguistica e storica, Valla dimostra che quel documento è falso. Conferma i dubbi che da tempo esistevano sul documento, arrivando alla conclusione già raggiunta, per conto suo, da Niccolò Cusano.[1]
Valla mette in evidenza che il falsario medievale, probabilmente dell’ottavo secolo, attribuisce a Costantino un latino pieno di barbarismi medievali e parla di satrapi e di feudi, inesistenti nel mondo romano del quarto secolo.
La cultura medievale, tutta tesa a cogliere la differenza fra il temporale e l’eterno, presta poca attenzione alle differenze nel corso del tempo e si accosta ai tempi antichi come se fossero contemporanei. Anche la fabbricazione di falsi risente di questa totale mancanza di senso storico.
Gli uomini di cultura di fine Trecento e inizio Quattrocento, invece, prendendo sempre più le distanze dai loro vicini antenati medievali e assumendo a modello i lontani antenati dell’antichità classica, toccano con mano quanto siano profonde le differenze temporali e come lo scorrere del tempo cambi le cose, la lingua e le istituzioni. Si muovono sulla scia del Petrarca, il primo ad orientarsi in questa direzione, seguito dal Boccaccio. Hanno in Firenze il primo e più importante centro culturale di riferimento. Riparano i danni del tempo, attraverso il paziente e minuzioso lavoro di ricostruzione dei testi antichi nella loro autenticità.
Il libretto di Lorenzo Valla manifesta pienamente i due nuovi tratti della cultura umanistica destinati ad essere sempre più curati nei secoli successivi: lo scrupolo filologico e il senso storico.
L’attività filologica non serve soltanto a scoprire la falsità di importanti documenti, ma è un mezzo decisivo per il rinnovamento culturale. I medievali, infatti, corrompendo la lingua latina, hanno perso, insieme alla lingua di Cicerone, anche la sostanza della civiltà classica. Tornare al latino di Cicerone significa poter cogliere il volto autentico del mondo antico e la sua concezione dell’uomo.
Si torna a prima del Medioevo per rinnovare la cultura e lo stesso cristianesimo. Si avvia, infatti, una profonda collaborazione fra filologia umanistica e movimento per il rinnovamento religioso che troverà, poi, in Erasmo l’espressione più matura. Lo stesso Valla scrive nel 1449 In Novum Testamentum … adnotationes, in cui sottopone ad esame filologico il testo sacro.
Nel grande lavoro di recupero della cultura classica c’è un’opera giovanile (1430) di Valla che, già nel titolo, De Voluptate (Il piacere), è un manifesto dei nuovi orientamenti culturali.
Si tratta un dialogo, rimaneggiato più volte e riscritto nel 1433 con diverso titolo, De vero falsoque bono (Il vero e il falso bene).
In questo scritto, l’edonismo epicureo, condannato senz’appello dalla cultura medievale, viene recuperato all’interno nel più generale ritorno ai classici antichi e in forte polemica col rigorismo stoico, penetrato profondamente nel pensiero cristiano medievale. Contro il disprezzo stoico-cristiano del piacere Valla parla di una natura umana che ha nel piacere e nell’utile la vera molla dell’agire, esalta l’edonismo epicureo per la sua capacità d’orientare l’esistenza di tutti gli uomini, anche di quelli che, in vista del piacere celeste, rinunciano a quelli terrestri.
Secondo Valla, l’edonismo epicureo, per il suo radicamento nella natura umana, libera dai rischi dall’ipocrisia cui, invece, espone l’innaturale ascetismo stoico. Inoltre, l’edonismo, prospettando le differenze qualitative dei piaceri, può conciliarsi anche con la rinuncia cristiana ai piaceri immediati in vista del supremo piacere della beatitudine celeste. Anche l’ascetismo cristiano può trarre vantaggio dall’educazione epicurea, fondando la rinuncia, non più sul disprezzo di tutto ciò ch’è legato alla carne, ma, sul pieno riconoscimento di quanto questo mondo creato da Dio offre di bello e di buono. L’edonismo epicureo può, quindi, sostituire nella formazione classica del cristiano il rigorismo stoico.
Il ritorno di Epicuro, insieme alla traduzione dei dialoghi di Platone in gran parte sconosciuti ai medievali, in un mondo culturale già segnato dalla crescente presenza di Aristotele, cambia il rapporto con il mondo filosofico antico. Il peso determinante del platonismo e dello stoicismo in sintesi neoplatonica, tipico della cultura medievale fino al Duecento, si riduce e lascia spazio anche ad altre importanti figure del mondo antico.
Torino 24 gennaio 2011
Giuseppe Bailone
[1] Valla offre, con questo scritto, un buon servizio alla corte aragonese in conflitto col papa per la successione sul trono di Napoli. Dalla fine del 1517, il libretto inizia ad essere stampato in terra protestante, la Chiesa, però, ancora per secoli, continua a considerare autentico il documento.