Mauro Ilontra, Vivere come nietscheani

dal blog FRANCAMENTE

VIVERE COME NIETZSCHIANI – prima parte –
Post aggiunto da Mauro IlLontra il 10 Marzo 2011
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“ Stare dalla mia parte non è assolutamente necessario e tanto meno auspicabile: al contrario, una dose di curiosità, come di fronte a una creazione estranea, con un’ironica resistenza, mi parrebbe una posizione incomparabilmente più intelligente nei miei confronti.”

Perché continuiamo a parlare di Nietzsche?
La tesi di questo mio modesto saggio sul pensatore tedesco si sviluppa lungo due linee conduttrici.
Nietzsche è stato il primo a dire addio alle Verità Assolute, dogmatiche, oggettive.
Ci ha spiegato che quando conosciamo scegliamo sempre una prospettiva, un’interpretazione.
Guardiamo gli scienziati: scelgono di prescindere dai loro interessi privati ma descrivono solo i campi circoscritti che delimitano la loro scienza, e quindi non possono sapere tutto.
Sappiamo bene che una mappa che riproduca esattamente il territorio non è il vero terreno stesso soggetto a incessanti cambiamenti geologici e climatici.
Quando proclamiamo un po’ tronfi agli altri che siamo obiettivi, noi assumiamo sempre una posizione definita, cioè dei punti di vista che ci limitano ma anche che ci aiutano a venire incontro al mondo delle altre verità relative e determinate.
Non c’è esperienza di verità che non sia prospettica, interpretativa; io non conosco niente se non m’interessa, ma se m’interessa, è evidente che non sto osservando in modo disinteressato.
Dopo le tragiche esperienze storiche del ‘900 sappiamo ormai che se c’è una verità oggettiva ci sarà sempre qualcuno che le è più vicino di me, e che si attribuirà il diritto/dovere d’impormela.
Quando qualcuno vuole venirmi a dire la verità ultima sulle cose è perché vuole mettermi sotto i piedi, vuole dominarmi.
L’altro tracciato che seguirò nell’esporre alcuni pensieri creativi della filosofia di Nietzsche è la sua passione per le idee.
Il pensatore tedesco si è concesso completamente alla passione per la conoscenza e soffriva per le idee che amava visceralmente, anche perché era dotato nello stesso tempo di uno straordinario senso di distacco critico e sapeva vederne le contraddizioni, almeno fino al suo tracollo psichico di Torino.
Infatti, chiamò questa passione con termini sacri ripresi dalla tradizione greca, Daimon e Dioniso.
Oggi, tranne poche eccezioni gli intellettuali sono innamorati della propria personalità e ne propagandano il culto; sono in genere dei venditori della loro Fama.
Nietzsche era capace di afferrare un’idea e capire che ruolo giocava nella storia europea; ne studiava la sua origine e cercava di capire in che direzione andava; questa ricerca era per lui un autentico godimento di pensiero.
Noi oggi usiamo le idee solo per arricchirci economicamente; ci chiediamo soltanto come funzioneranno dal lato pratico, come possono aiutare la nostra vita e il nostro conto corrente, cosa faranno per il nostro matrimonio.
Ecco quest’atteggiamento banausico tanto in voga uccide l’idea.
La fa diventare solo utile.
Nietzsche ci ha insegnato che bisogna cercare l’idea in sé e per sé, conversare con lei e lasciarla semplicemente agire nelle nostre menti e nella nostra vita, per il gusto dello studio e non per esserne dominati.
Prima di cominciare a parlare di questo grande liberatore del pensiero, istigatore al pensiero, vi spiego perché il titolo del saggio “vivere come nietzschiani” è in realtà una burla, uno scherzo ironico suggerito proprio dalle stesse raccomandazioni di Nietzsche.
In questo passo del “Così parlò Zarathustra”, nel capitolo “Della virtù che dona”, il nostro ci mette in guardia, con sublime ironia, dal diventare succubo di un qualche idolo:
“Voi mi venerate, ma che avverrà, se un giorno la vostra venerazione verrà meno? Badate che la statua che avete fatto di me non vi schiacci!
Voi dire di credere a Zarathustra? Ma chi se ne frega di Zarathustra!
Voi dite di essere i miei seguaci? Ma chi se ne impipa di tutti i seguaci!
Il vero problema è che voi non avete ancora cercato voi stessi: perché era più comodo trovare me.
Così fanno tutti i fedeli, per questo ogni fede fanatica vale così poco.
E ora vi ordino di perdermi e di TROVARE VOI STESSI! E allora, solo quando mi avrete tutti rinnegato io tornerò da voi.”.
“ Si ripaga male un maestro, se si rimane sempre e solo un discepolo” conclude Zarathustra.
La prima volta che ho letto questo capitolo, confesso che mi sono messo a ridere per mezz’ora, è veramente geniale: “badate che la statua che avete fatto di me non vi schiacci!”
Venivo da un periodo in cui ero stato costretto a frequentare solo gente tetra, sempre identica a se stessa, con la verità assoluta in tasca come una pistola carica e priva di qualsiasi umorismo.
Tutti schiacciati dalle loro statue ideali, (che poi usavano solo per fare soldi e metterlo in quel posto agli altri) e come ho riso: ahahahahahh!
Per Nietzsche quello che conta è solo diventare quello che si è.
Ognuno deve diventare l’eroe e il poeta di se stesso e non vergognarsi di quello che dovrà fare per diventarlo.
Capite quale esperienza di liberazione ha rappresentato per me quello strano filosofo munito di enormi e buffi baffi?

Il titolo “ vivere da Nietzschiani” è una presa in giro, amabile e ironica, della sua stessa figura troppo celebrata e molto incompresa, a mio avviso.
In fin dei conti quest’uomo ci ha insegnato a vivere in piena autonomia, senza essere schiavi di nessun modello sociale.
Pertanto, prima di partire per questa esplorazione, non dimentichiamo di portarci in valigia il nostro pensiero autonomo, il distacco critico e tanta, divertente e divertita, ironia.
Compreso questo, possiamo partire per Sils-Maria nelle alpi svizzere dell’Engadina, nei pressi di Silvaplana, per questo nostro viaggio di ricerca nelle idee creative di Nietzsche.

Mauro Ilontra, Vivere come nietscheaniultima modifica: 2011-03-10T19:46:57+01:00da mangano1
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Un pensiero su “Mauro Ilontra, Vivere come nietscheani

  1. “ Si ripaga male un maestro, se si rimane sempre e solo un discepolo.”
    Giusto. Occorre prima diventare ‘discepolo’ (anche di un’Idea, non solo di una ‘persona’), poi abbandonare la ‘stampella’ e camminare con le proprie ‘gambe’. Secondo la saggezza orientale: “Quando l’allievo è pronto… il maestro appare”. Ma anche: “quando vedi il maestro… uccidilo!” Una volta scoperta (ma vale sempre l’arte del ‘dubbio’ o dell”epoché’) la perla di gran prezzo, ossia la propria ‘essenza’ (v. Gurdjieff, Almaas, lo stesso Gesù), da allievi ci si può considerare elevati (o ‘abbassati’ – nell’interiorità) a ‘maestri’ (eppure, Gesù diceva: non chiamate nessuno maestro!).
    Il coach, la guida, il ‘maestro’, il mentore (anche il ‘leader di se stesso’), ci raggiunge (appare) quando ci vede camminare ‘smarriti’ (siamo comunque alla ricerca di qualcosa, siamo pronti…). Poi, dopo averci spiegato quello che, in ogni caso, era già nel nostro intimo – ma nessuno aveva tirato fuori – scompare… (come nell’incontro tra Gesù e i discepoli sulla via di Emmaus: Gesù scompare nel momento stesso in cui i suoi discepoli lo riconoscono…).
    Se c’è il coach, c’è il coaching (e viceversa). Se c’è Nietzsche, c’è il nietzscheano (il ‘nicciano’, quando si è presa confidenza con Friedrich). E allora avrà anche un diverso significato il il morettiano ecce-bombastico: «Ma tu concretamente cosa fai, come campi?» «Giro… vedo gente… mi muovo… conosco… faccio cose.»
    Nicola Perchiazzi

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