Mario Domina, Atomi pensanti

Unknown.jpegAtomi pensanti (e possibilmente denuclearizzati)
Di md

Atomi tormentati, su questo cumulo di fango,
che la morte inghiotte e con cui la sorte gioca
ma atomi pensanti.
(Voltaire)

Ho già più volte affrontato su questo blog il tema della teodicea (qui in particolare, anche se rovesciato in termini di antropodicea). E’ sempre bene ricordare, con le parole del Dialogo della natura e di un islandese di Leopardi, che la natura è del tutto indifferente alle nostre vicende, e se ne sbatte altamente di noi come di tutte le altre specie o dei singoli viventi. O meglio: ciò che noi chiamiamo “natura” non ha in sé nessun elemento soggettivo, nessuna volontà, nessun piano – così come noi un po’ presuntuosamente intendiamo questi concetti che le vorremmo attribuire, direttamente o indirettamente. Dio non c’è, e se anche ci fosse se ne sbatterebbe pure lui (perché mai dovrebbe appassionarsi ad un così minuscolo ed insignificante angolo, un banale puntino nell’economia dell’universo? – o della pluralità di universi, come vanno sostenendo alcuni cosmologi).
Quel che forse colpisce di più nelle immagini del muro nero d’acqua che ha spazzato via le città giapponesi di Onagawa o di Minamisanriku inghiottendo gran parte dei loro abitanti, delle case, degli oggetti – della medesima natura – è proprio quell’assoluta indifferenza, quel misto di terribile innocenza e cecità, quell’impersonale e necessario incedere degli eventi che non può non lasciare attoniti. E che però è il carattere più profondo – direi ontologico – della natura, del cosmo, dell’essere.
Dice Eraclito:
“Quest’ordine universale, che per tutte le cose è il medesimo, non lo fece nessuno degli dèi né degli uomini, ma sempre era ed è e sarà, fuoco sempre vivente, che secondo misura (métra) si accende e secondo misura si spegne“.
Ma a proposito di misura, Eraclito ci avverte in un altro frammento che “Bisogna spegnere la dismisura (ybris) più di un incendio”.
Si insinua qui un elemento su cui occorre sempre tornare a ragionare: gli umani oppongono all’indifferenza della natura la propria laboriosa e creativa differenza – utilizzando quelle stesse forze naturali prive di scopo e di finalità per i propri scopi e per le proprie finalità – in primis la sopravvivenza. Ma, ci avverte Eraclito, occorre fare ciò con misura – laddove la dismisura, l’eccesso, la tracotanza comportano rischi maggiori di quelli cui siamo naturalmente esposti.
La catastrofe giapponese di questi giorni – così come il terremoto di Lisbona del 1755, o, più recentemente, lo tsunami nel Sud-Est asiatico o il terremoto di Haiti – devono muoverci costantemente a profonda riflessione circa il destino e il senso della nostra presenza sul pianeta. L’umana compagnia invocata da Leopardi – la fraterna confederazione per affrontare la cieca indifferenza naturale (che pure è ciò che insieme ci nutre e ci uccide) – se da una parte ha lo scopo di una gestione comune e razionale – per quanto ci è possibile – del nostro legame inscindibile con la terra, deve altrettanto prendere coscienza circa i rischi della dismisura, dell’incendio che gli apprendisti stregoni sono sempre in procinto di appiccare.
Si sente a tal proposito dire che non dobbiamo farci prendere dall’emotività nell’argomentare pro o contro la scelta nucleare per risolvere i nostri futuri problemi energetici (quasi sempre prescindendo dalla finalità produttiva di tale uso). Come se i disastri e le catastrofi non avessero anche una funzione di consiglio e di monito sulla direzione da prendere (eloquentissimo a tal proposito il significato del verbo greco strepho, sul quale il termine catastrofe è stato costruito). A parte la speciosità dell’argomento, visto che sempre più spesso i politici vengono eletti e governano sotto spinte emotive ed irrazionali, oltre al fatto che siamo esseri insieme razionali ed emotivi (emotivamente razionali e razionalmente emotivi) – consiglierei a tutte e a tutti di prestare ascolto al monito di Eraclito. E di mandare a casa, seduta stante, tutti quei politicanti e affaristi che fanno orecchi da mercante.
O vogliamo piuttosto consegnare alle future generazioni, cui siamo vincolati (ha ragione Jonas!) da un imperativo principio-responsabilità, un pianeta ancor più ipotecato di quanto già non sia?

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Mario Domina, Atomi pensantiultima modifica: 2011-03-14T16:54:47+01:00da mangano1
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