Marco Barbonaglia,Ma il ragionier Rossi va davvero in pensione? Storia della Vasco S.p.a.

da IL SOLE 24 0RE

Ma il ragionier Rossi va davvero in pensione? Storia della Vasco S.p.a.

di Marco Barbonaglia
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Il ragionier Rossi va in pensione. Detta così non sembra esattamente una notizia da prima pagina. Ma se Rossi di nome fa Vasco e invece di arrovellarsi su bilanci o dichiarazioni dei redditi di professione fa la rockstar, la musica cambia. Eccome se cambia.

«Dichiaro felicemente conclusa la mia straordinaria attività, trentennale, di rockstar», ha letteralmente detto il Blasco a Vincenzo Mollica, gettando nello sconforto le sconfinate schiere di fan. In realtà, la carriera di Vasco Rossi era iniziata prima di trent’anni fa. Aveva già mosso i primi passi nel mondo della musica, lavorando come dee-jay, quando nel ‘77 pubblicò il primo 45 giri, sul quale erano incise due canzoni intitolate entrambe con un nome di donna: “Jenny” e” Silvia”. Un esordio che passò quasi completamente inosservato, nonostante oggi soprattutto il primo brano vada annoverato tra quelli che mandano in delirio un intero stadio ogni volta che Vasco decide di intonarlo

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Vasco Rossi a San Siro

Il primo album, “…Ma cosa vuoi che sia una canzone…” arrivò l’anno seguente e fu venduto praticamente solo in Emilia-Romagna. Erano ancora lontanissimi i giorni delle adunate oceaniche e il signor Rossi non era neppure così sicuro di continuare su quella strada.
Anche gli album successivi, “Non siamo mica gli americani” e “Colpa d’Alfredo” realizzarono vendite piuttosto basse, a dispetto del fatto che ancora una volta contenessero alcune canzoni destinate a diventare leggendarie. Una su tutte Albachiara, scritta nel lontano ’79. In effetti, con gli anni non sarà la versione originale cantata da Vasco con una voce sottile e non ancora roca per le migliaia di Lucky Strike a divenire leggendaria ma quella live pubblicata cinque anni dopo su “Va bene, va bene così”.

I primi veri successi arrivarono per il cantante venuto dall’Appennino emiliano all’alba degli anni ’80, con “Siamo solo noi” che sarebbe presto diventato l’inno di un’intera generazione. Ma la fama, nella migliore tradizione rock, per Vasco sarebbe andata di pari passo con lo scandalo alimentato dall’aura di artista maledetto. Fin dalla prima esibizione sulla Rai, infatti, il Blasco si attirò le ire e gli strali di una fitta schiera di moralisti infastiditi dai richiami alla droga , al sesso o all’alcol. Non a caso la canzone eseguita in diretta a Domenica In fu “Sensazioni Forti” con la quale il rocker di Zocca dichiarava il suo credo:«Non importa se la vita sarà breve vogliamo godere…»

In quell’occasione, fu oggetto di un pesante attacco da parte di Nanatas Slavalaggio. Ai veri e propri insulti del giornalista Vasco avrebbe reagito con un folgorante, ironico verso della canzone scelta per presentarsi per la prima volta sul palco dell’Ariston.«Meglio rischiare, che diventare come quel tale che scrive sul giornale!». Era il 1982 e, con il ritmo reggae di Vado al Massimo, il futuro re del rock nostrano si piazzò addirittura ultimo a San Remo. Ma, ormai, il grande pubblico lo conosceva e l’anno seguente Vasco tentò il tutto per tutto, tornando al Festival con “Vita Spericolata”. Esattamente quello che ci voleva per diventare una leggenda

Da allora, il successo non ha mai abbandonato il cantante di Zocca. Certo, qualche incidente di percorso c’è stato. Per esempio l’arresto per detenzione di cocaina del 1984 in seguito al quale Vasco si farà quasi un mese di galera. Ma l’esperienza durissima, mai dimenticata dal rocker, non si tradurrà in una caduta sul piano artistico.

Anzi, nella seconda parte degli anni ’80 uscirono album come “Cosa succede in città” (probabilmente il meno riuscito), “C’è chi dice no” e “Liberi Liberi”. Il nuovo decennio segnò, poi, la definitiva consacrazione di Vasco, con i concerti negli stadi (a partire dal leggendario “Fronte del palco”) e dischi come “Gli spari sopra”. Le esibizioni che superavano, ormai, abitualmente i 60mila spettatori mentre gli album conquistavano un disco di platino dopo l’altro. Vasco Rossi si stava trasformando in un fenomeno di massa, oggetto di una venerazione mai vista per una star italiana. D’un tratto non era più il “drogato”, l’idolo dei giovani disprezzato e additato come cattivo esempio dai “benpensanti”. In qualche modo, e senza scendere a particolari compromessi, era diventato trasversale e ai suoi concerti si incontrava un pubblico che andava dai sedici a cinquant’anni. In altre parole, il cattivo maestro della “Combriccola del Blasco”, all’improvviso piaceva quasi a tutti. Una bella soddisfazione per lui che avrebbe ripreso questo tema in diverse canzoni come in “Mi si escludeva” del ’95, nella quale canta:«Sono ancora qui e voi vi siete abituati si!»

Certo, questa dimensione quasi nazional-popolare non ha sempre fatto bene all’artista che, tuttavia, negli anni è riuscito a sfoderare perle quali” Gli Angeli”, “Siamo soli”, “Un senso” ma anche, più recentemente, “Il mondo che vorrei” o “Manifesto futurista della nuova umanità”.
Nel frattempo, i concerti di Vasco sono arrivati a far segnare incassi da milioni di euro. Un esempio? Le due date a San Siro nel 2008 che hanno fruttato una media di 2,3 milioni per volta. Ma anche le otto esibizioni al Forum di Assago del 2009, tutte sold out, che sul piano economico si sono tradotte in un introito superiore ai 6 milioni di euro sborsati da quasi 90mila fan accorsi per sentire la voce del Blasco. Se pensiamo alla crisi dei mercati discografici sono numeri ancora più impressionanti.

Soprattutto perché, con il calo delle vendite di cd in un’epoca nella quale la musica si può scaricare da internet, i ricavi dei concerti sono tornati ad essere una voce importante nel bilancio di una rockstar, invece che un mero strumento di promozione degli album appena pubblicati. E, a questo proposito, occorre ricordare che le ultime quattro date di San Siro hanno richiamato addirittura 250mila persone.

Queste, dunque, le dimensioni della vera e propri azienda che sta alle spalle della rockstar più amata d’Italia. Un uomo che, nel 2008, dichiarava un reddito di 1,7 milioni di euro. Questa gigantesca macchina, probabilmente, con il tempo si è portata via un po’ della magia di Vasco. Difficile essere ispirati come ai primi tempi quando si devono sostenere ritmi forzati e si devono accontentare milioni di fan.

Al di là delle grottesche dichiarazioni di Morgan che hanno fatto capolino su tutti i media, è quello che pensa anche una parte dei suoi fan. Forse è anche per questo che il Blasco, con quell’istinto montanaro e quella genuinità che tutta la fama e i soldi guadagnati non sono riusciti a scrollargli di dosso, ha deciso di fermarsi. Non a caso, ha subito aggiunto che continuerà a scrivere canzoni e che magari farà ancora qualche concerto a sorpresa.

Che Vasco stia cercando di recuperare la libertà perduta, smarcandosi da un meccanismo divenuto quasi infernale? Probabilmente c’entra qualcosa anche la stanchezza e, in fondo, ha ragione quando dice che non si può fare la rockstar a vita. Ma immaginarlo in pensione, con la chitarra appesa per sempre al chiodo, magari a far passare le giornate tra un libro e una partita a carte, è davvero difficile…

Marco Barbonaglia,Ma il ragionier Rossi va davvero in pensione? Storia della Vasco S.p.a.ultima modifica: 2011-06-28T10:47:48+02:00da mangano1
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