(PER NON DIMENTICARE ) la ballata del Pinelli

(PER NON DIMENTICARE  ) la ballata del Pinelli

Claudio Lolli – La ballata del Pinelli – YouTube

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LA BALLATA DEL PINELLI

(testo di G. Barozzi, F. Lazzarini, U. Zavanella
rielaborato, ampliato e musicato da J. Fallisi – 1969)

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Quella sera a Milano era caldo
Ma che caldo che caldo faceva
Brigadiere apra un po’ la finestra
E ad un tratto Pinelli cascò.

“Commissario io gliel’ho già detto
Le ripeto che sono innocente
Anarchia non vuol dire bombe
Ma eguaglianza nella libertà.”

“Poche storie indiziato Pinelli
Il tuo amico Valpreda ha parlato
Lui è l’autore di questo attentato
E il suo socio sappiamo sei tu”

“Impossibile” – grida Pinelli –
“Un compagno non può averlo fatto
Tra i padroni bisogna cercare
Chi le bombe ha fatto scoppiar.

Altre bombe verranno gettate
Per fermare la lotta di classe
I padroni e i burocrati sanno
Che non siam più disposti a trattar”

“Ora basta indiziato Pinelli”
– Calabresi nervoso gridava –
“Tu Lo Grano apri un po’ la finestra
Quattro piani son duri da far.”

In dicembre a Milano era caldo
Ma che caldo che caldo faceva
È bastato aprir la finestra
Una spinta e Pinelli cascò.

Dopo giorni eravamo in tremila
In tremila al tuo funerale
E nessuno può dimenticare
Quel che accanto alla bara giurò.

Ti hanno ucciso spezzandoti il collo
Sei caduto ed eri già morto
Calabresi ritorna in ufficio
Però adesso non è più tranquillo.

Ti hanno ucciso per farti tacere
Perché avevi capito l’inganno
Ora dormi, non puoi più parlare,
Ma i compagni ti vendicheranno.

“Progressisti” e recuperatori
Noi sputiamo sui vostri discorsi
Per Valpreda Pinelli e noi tutti
C’è soltanto una cosa da far.

Gli operai nelle fabbriche e fuori
Stan firmando la vostra condanna
Il potere comincia a tremare
La giustizia sarà giudicata.

Calabresi con Guida il fascista
Si ricordi che gli anni son lunghi
Prima o poi qualche cosa succede
Che il Pinelli farà ricordar.

Quella sera a Milano era caldo
Ma che caldo che caldo faceva
Brigadiere apra un po’ la finestra
E ad un tratto Pinelli cascò.

Nel 1970 Joe Fallisi pubblicò e registrò, in forma anonima, un disco a 45 giri che conteneva La ballata del Pinelli e Il blues della squallida città. Su entrambi i lati compariva la seguente scritta: “Questa canzone può essere eseguita, riprodotta o adattata da tutti coloro che non sono recuperatori, ‘progressisti’ e falsi nemici del Sistema” e, come indicazione d’autore: “Parole e musica del Proletariato”.

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Giuseppe Pinelli (Milano, 21 ottobre 1928 – Milano, 15 dicembre 1969) è stato un anarchico e ferroviere italiano, animatore del circolo anarchico Ponte della Ghisolfa e durante la Resistenza, vista la sua allora giovane età, staffetta nelle Brigate Bruzzi Malatesta. Nel mese di novembre del 1966 già militante anarchico, diede appoggio a Gennaro De Miranda, Umberto Tiboni, Gunilla Hunger, Tella e altri ragazzi del giro dei cosiddetti capelloni per stampare le prime copie della rivista Mondo Beat nella sezione anarchica “Sacco e Vanzetti” di via Murilio.

Morì il 15 dicembre 1969 precipitando da una finestra della questura di Milano, dove era trattenuto per accertamenti in seguito alla esplosione di una bomba a piazza Fontana, evento noto come Strage di Piazza Fontana.

Le circostanze della sua morte, ufficialmente attribuita ad un malore, hanno destato sospetto a causa di alcune circostanze legate ai momenti del tutto eccezionali vissuti nel capoluogo lombardo a seguito della strage di piazza Fontana del 12 dicembre 1969.

Una parte dell’opinione pubblica ha avanzato il sospetto che Pinelli sia stato assassinato e che le indagini siano state condotte con metodi poco ortodossi ed in modo non imparziale. Tuttavia, l’inchiesta conclusa nel 1975 dal giudice istruttore Gerardo D’Ambrosio ha escluso l’ipotesi dell’omicidio, giudicandola assolutamente inconsistente.

Il caso ha suscitato una polemica politica intrisa di vibrante animosità, tanto da parte di coloro che sostengono la tesi dell’omicidio, quanto da parte delle autorità, ed è peraltro assai arduo isolare la polemica riguardante questo caso da quelle relative, fra l’altro, alla strage di piazza Fontana, al Terrorismo, alla cosiddetta teoria della , al cosiddetto stragismo di stato, alla repressione dei circoli anarchici italiani ed all’assassinio del commissario Calabresi.

Il 1969 fu l’anno dell’autunno caldo, il momento di più alta unità e conflittualità operaia dalla nascita della Repubblica. Scioperi, picchetti, occupazioni delle fabbriche e cortei segnarono fortemente la seconda metà di quell’anno, in particolare per l’intensità dello scontro politico in atto che, alimentato da una diffusa ideologia rivoluzionaria dei gruppi della sinistra extraparlamentare nati dopo il Sessantotto, sfociava in violenti scontri di piazza.

In questo clima arroventato, sul finire del 1969, il 12 dicembre, nei locali della Banca Nazionale dell’Agricoltura di piazza Fontana a Milano, lo scoppio di una bomba uccise numerose persone.

I fatti

La notte successiva alla strage la polizia fermò 84 sospetti, tra cui Pinelli, che venivano rilasciati man mano che il loro alibi veniva verificato. Tre giorni dopo, il 15 dicembre, Pinelli si trovava nel palazzo della questura, sottoposto ad interrogatorio da parte di Antonino Allegra e del commissario Luigi Calabresi, oltre che tre sottufficiali della polizia in forza all’Ufficio Politico, un agente, ed un ufficiale dei carabinieri, quando dalla finestra dell’ufficio dove stava avvenendo l’interrogatorio precipitò dal quarto piano in un’aiuola della questura. Fu portato all’ospedale Fatebenefratelli, ma ci arrivò già morto.[1]

La prima versione data dal questore Marcello Guida nella conferenza stampa convocato poco dopo la morte dell’anarchico, a cui parteciparono anche il dott. Antonino Allegra, responsabile dell’ufficio politico della questura e il Commissario Calabresi fu di suicidio (“Improvvisamente il Pinelli ha compiuto un balzo felino verso la finestra che per il caldo era stata lasciata socchiusa e si è lanciato nel vuoto”, dalle dichiarazioni del questore[2]), dovuto al fatto che il suo alibi si era rivelato falso, versione poi ritrattata quando l’alibi di Pinelli si rivelò invece credibile[3][4]. Secondo alcune versioni iniziali della polizia, mai confermate, Pinelli precipitando avrebbe gridato l’ormai celebre frase: «È la fine dell’anarchia!».

Il fermo di Pinelli era illegale perché egli era stato trattenuto troppo a lungo in questura: il 15 dicembre 1969 (la data della sua morte) egli avrebbe dovuto essere libero oppure in prigione ma non in questura, infatti il fermo di polizia poteva durare al massimo due giorni. Il giorno successivo, 16 dicembre, in seguito alla comparsa di un testimone, un tassista, veniva arrestato Pietro Valpreda.

Le indagini sulla morte
Sulla morte di Giuseppe Pinelli si aprì una prima inchiesta che concluse con una archiviazione. Il 24 giugno 1971 la vedova Pinelli presentò una denuncia. Fu aperta una nuova inchiesta assegnata al giudice Gerardo D’Ambrosio. La sentenza dell’inchiesta sulla morte di Giuseppe Pinelli fu emessa nell’ottobre 1975. La sentenza concluse che la morte di Pinelli non era dovuta a suicidio o omicidio, ma a un malore che avrebbe provocato un involontario balzo del Pinelli dalla finestra della Questura. L’inchiesta accertò inoltre che nella stanza al momento della caduta erano presenti 4 agenti della polizia e un ufficiale dei carabinieri, che furono prosciolti. L’inchiesta della magistratura, condotta da D’Ambrosio, accolse le dichiarazioni dei coimputati, secondo i quali il commissario Calabresi non era presente nel momento della caduta. L’unico testimone, Pasquale Valitutti, anch’egli presente in Questura e trattenuto in una stanza vicina dichiarò sotto giuramento che al contrario il commissario era presente nella stanza da dove cadde Pinelli[5]. Gerardo D’Ambrosio scrisse nella sentenza: “L’istruttoria lascia tranquillamente ritenere che il commissario Calabresi non era nel suo ufficio al momento della morte di Pinelli”.[6]

L’assenza del commissario dalla stanza al momento della caduta di Pinelli non sarà tuttavia creduta da parte degli ambienti anarchici e della sinistra e lo stesso verrà fatto segno di una violenta campagna di stampa avente il risultato di isolarlo. Alla campagna di stampa, condotta in maniera assai forte, aderirono molti esponenti della sinistra italiana. Calabresi verrà assassinato nel maggio 1972, da aderenti alla sinistra extraparlamentare. L’assassinio del Commissario inciderà anche nelle indagini sulla strage di Piazza Fontana.[7]

I fatti strani legati alla morte di Pinelli indussero molti a parlare, sempre più apertamente, di omicidio: Pinelli sarebbe stato gettato dalla finestra.

Le motivazioni
La prima ragione per credere all’omicidio sarebbe l’incoerenza della pulsione suicida con il carattere di Pinelli. Chi lo conosceva sostenne che fosse da escludere una sua eventuale propensione al suicidio. Secondo queste fonti, Pinelli non avrebbe preso in considerazione l’ipotesi del suicidio, neppure di fronte al pericolo di una condanna all’ergastolo per strage. Al momento della morte non si profilava comunque una condanna, data la mancanza assoluta di prove e l’inconsistenza degli indizi nei suoi confronti.

Valutazioni critiche
Tra i critici che mettevano in dubbio il verificarsi dei fatti come descritto della posizione ufficiale delle forze o dalla ricostruzione effettuata nel processo molti sostennero, pur non avendo ovviamente prove, ma solo ipotesi, che Pinelli fosse stato coscientemente defenestrato per usare il suo “suicidio” come prova della sua colpevolezza: la versione del suicidio fu effettivamente la prima versione data alla stampa dal questore Marcello Guida, nella conferenza stampa a cui parteciparono anche Calabresi e il dottor Antonino Allegra (responsabile dell’Ufficio politico della questura), versione poi ritrattata quando l’alibi di Pinelli, al contrario di quanto affermato durante la conferenza stampa stessa, si rivelò veritiero[8][3].

Pasquale Valitutti, un anarchico che era stato fermato insieme a Pinelli e si trovava in una stanza vicina[9] affermò sempre che non vide nessuno, dalla finestra della stanza, attraversare il corridoio nei quindici minuti antecedenti il fatto, e che dopo la caduta venne prelevato da due agenti: il commissario Calabresi in persona gli comunicò che l’anarchico si era buttato[5]. Valitutti fu immediatamente trasferito a San Vittore, dove verrà rilasciato il giorno dopo (anche per lui era scaduto il tempo massimo del fermo) senza essere stato interrogato. Quest’ultima testimonianza che, insieme ad alcuni errori e contraddizioni contenute nelle prime versioni date dalle forze dell’ordine[10], metteva in dubbio le affermazioni della polizia, venne ovviamente considerata credibile dai gruppi che ritenevano la morte di Pinelli causata dal tentativo di trovare un capro espiatorio per gli attentati di piazza Fontana. Valitutti sostenne anche di aver visto e di aver parlato alcune volte con Pinelli durante i due giorni, trovandolo provato per gli interrogatori e per la mancanza di sonno (sarebbe stato tenuto appositamente sveglio), sostenendo che Pinelli aveva anche affermato che il suo alibi non veniva creduto.

La sentenza del Tribunale di Milano afferma che tutti i coimputati e gli agenti presenti al quarto piano dell’edificio confermarono che il commissario Calabresi non si trovava nella stanza al momento del fatto e ritiene difficile escludere l’eventualità che Valitutti (unico testimone sotto giuramento) si fosse distratto per il tempo sufficiente ad una persona per attraversare la frazione di corridoio visibile dalla stanza.[11]

I dubbi sulla versione ufficiale
La versione ufficiale viene considerata inoltre, secondo le stesse fonti, contraddittoria ed incongruente: l’ambulanza sarebbe stata chiamata alcuni minuti prima della caduta, Pinelli non avrebbe urlato durante la caduta, avvenuta quasi in verticale (quindi probabilmente senza lo spostamento verso l’esterno che ci sarebbe stato se si fosse lanciato), pur avendo sbattuto contro i cornicioni, sulle mani non avrebbe avuto nessun segno che mostrasse tentativi (anche istintivi) di proteggersi dalla caduta, gli agenti presenti forniranno nel tempo versioni leggermente contrastanti sull’accaduto (in una di queste sostennero di essere riusciti ad afferrarlo, ma di non essere riusciti a trattenerlo, motivando quindi la caduta in verticale senza spostamento dovuto all’eventuale slancio) e infine le dimensioni della stanza, la disposizione dei mobili e delle sedie per l’interrogatorio avrebbero reso difficile gettarsi dalla finestra in presenza di poliziotti. Secondo una delle diverse versioni date dalla Questura, nel tentativo di trattenere Pinelli per impedire la caduta dalla finestra, nelle mani di un poliziotto sarebbe rimasta una scarpa del ferroviere, che sarebbe quindi una prova del fatto che i tentativi di trattenerlo erano avvenuti, ma in realtà quando il ferroviere fu raccolto sul selciato indossava ancora entrambe le scarpe.

Riguardo l’ora della precipitazione, la sentenza cita le testimonianze dei quattro giornalisti presenti nella sala stampa della questura, concordi nell’affermare che il fatto avvenne qualche minuto prima della mezzanotte, informazione definita assolutamente certa. La sentenza poi afferma che l’ambulanza fu chiamata alle 00:01, in base all’ora trascritta sul registro delle richieste di intervento pervenute alla centrale operativa del corpo dei vigili urbani.[11]

Le illazioni sulle persone coinvolte
Uno degli argomenti addotti su cui vengono fatte molte illazioni è la qualità dei soggetti coinvolti, cioè delle 5 persone che erano nella stanza con Pinelli.[12]

Luigi Calabresi era noto per il suo lavoro di contrasto politico alle formazioni di estrema sinistra (fra cui Lotta Continua).

In un primo momento vennero indicati come sospetti gli avanzamenti di grado di alcuni ufficiali ritenuti anch’essi coinvolti nella misteriosa morte, tra cui l’ex fascista Marcello Guida, direttore delle guardie dei carceri di Ventotene (l’isola dove vennero segregati gli anarchici prima di esser trasferiti nel campo di concentramento di Renicci d’Anghiari, in provincia di Arezzo)[13] e Santo Stefano durante il ventennio anche se si accertò poi che si trattava semplicemente di ordinari avanzamenti per anzianità.

La seconda autopsia
Alcuni organi di stampa, tra cui Lotta continua (n. 12, 14/05/1970) sostenevano che la salma di Pinelli presentasse una lesione bulbare compatibile con quelle che può provocare un colpo di karate. Peraltro, una lesione bulbare avrebbe provocato la morte immediata di Pinelli, il quale è invece deceduto due ore dopo la caduta dalla finestra.

In seguito a tali polemiche, nel 1975, la salma di Pinelli venne riesumata e analizzata. In realtà nella prima perizia necroscopica non si parlava di una lesione bulbare, ma di “un’area grossolanamente ovolare” conseguenza del contatto del cadavere con il marmo dell’obitorio. Fu fatta quindi una seconda autopsia che confermò il risultato della prima.

Il caso venne quindi chiuso attribuendo la morte di Pinelli ad un malore attivo, secondo la sentenza del giudice Gerardo D’Ambrosio: lo stress degli interrogatori, le troppe sigarette a stomaco vuoto unito al freddo che proveniva dalla finestra aperta avrebbero causato un malore e Pinelli, invece di accasciarsi come nel caso di un collasso, avrebbe subito un’alterazione del centro di equilibrio, che causò la caduta.

La controinchiesta delle Brigate Rosse

La Strage di Piazza Fontana, la morte di Pinelli, l’assassinio del commissario Calabresi, furono oggetto di una contro-inchiesta delle Brigate Rosse. L’inchiesta fu fatta dall’interno del movimento della sinistra extraparlamentare, approfittando di collegamenti interni al Movimento della Sinistra. Le conclusioni dell’inchiesta indussero le Brigate Rosse a secretarla. Nel 1974, in un covo delle Brigate Rosse, a Robbiano, fraz. di Mediglia, i fascicoli della Contro-inchiesta vennero alla luce. Il ROS dei carabinieri su richiesta della Commissione Stragi effettuò una ricerca sugli elementi delle inchieste. Il 19 luglio 2000 rispose. Fu accertato che degli elementi riguardanti La Strage di Piazza Fontana solo una cassetta registrata era stata inviata a Catanzaro, sede del processo per la strage. Fu possibile ricostruire gran parte degli elementi riguardanti le altre inchieste, solo la controinchiesta su Piazza Fontana non fu possibile ricostruire.

Il ricordo di Pinelli

La figura di Pinelli è stata presa, in ambienti anarchici, a simbolo dell’opposizione al potere costituito in genere ed in particolare al potere poliziesco.

Cinema
Nei mesi successivi alla morte di Pinelli il “Comitato cineasti contro la repressione” raccolse numerosi materiali per la realizzazione di un lungometraggio sulla vicenda di Giuseppe Pinelli; due gruppi di lavoro, coordinati da Elio Petri e Nelo Risi, portarono a termine l’opera. Il film, Documenti su Giuseppe Pinelli, uscì nel 1970 e circolò attraverso i canali politici del PCI e del Movimento Studentesco.

Musica
Sono state composte diverse canzoni su Pinelli, come La ballata del Pinelli[14], scritta da G. Barozzi, F. Lazzarini, U. Zavanella (giovani anarchici mantovani) la sera stessa dei funerali e successivamente rielaborata, ampliata e musicata da Joe Fallisi nel 1969[15]. La canzone viene tutt’oggi abitualmente portata sul palco, in una versione molto simile all’originale, da Claudio Lolli uno dei più politicizzati cantautori italiani.

La canzone Asilo Republic di Vasco Rossi contenuta nell’album Colpa d’Alfredo del 1980 è tratta dalla vicenda di Giuseppe Pinelli:

« Dice che è stata una disattenzione della maestra
e subito uno si è buttato giù dalla finestra »
Nel febbraio 1970, il cantastorie Franco Trincale compose un Lamento per la morte di Giuseppe Pinelli, che divenne molto popolare e fu inciso in diversi album di questo artista.

È il 1970, sono anni caldi, l’anarchico Giuseppe Pinelli muore in circostanze misteriose, Riccardo Mannerini scrive su questo tema il testo di un brano musicale, “Ballata per un ferroviere”.

Anche il gruppo folk emiliano dei Modena City Ramblers ha citato il caso all’interno di una loro canzone presente su un demotape autoprodotto del 1993 intitolato Combat Folk (album), la canzone è intitolata Quarant’anni:

« Ho visto bombe di stato scoppiare nelle piazze
e anarchici distratti cadere giù dalle finestre »
Il gruppo ska romano Banda Bassotti cita il ferroviere nella canzone Luna Rossa contenuta in Avanzo de cantiere, cover di Piazza Fontana degli Yu Kung:

« Notti di sangue e di terrore
scendono a valle sul mio paese
chi pagherà le vittime innocenti?

chi darà vita a Pinelli il ferroviere? »
Teatro
Alla vicenda di Pinelli si ispirò anche un’opera teatrale di Dario Fo: Morte accidentale di un anarchico (ma in realtà il riferimento quasi esplicito che viene fatto è per Andrea Salsedo).

Pittura
L’opera pittorica di Enrico Baj, che doveva essere esposta a Milano lo stesso giorno dell’omicidio Calabresi, intitolata I Funerali di Pinelli, si ispira anch’essa a questi eventi.

Letteratura e giornalismo
Della vicenda Pinelli si occupò lungamente Camilla Cederna, giornalista di fama, che pubblicò la sua testimonianza in un libro intitolato Pinelli. La finestra sulla strage, edito nel 1971 e ripubblicato nel 2004.

Ogni anno, a Milano si organizzano diverse manifestazioni per non dimenticare Pinelli e la strage di piazza Fontana dove è stata apposta una lapide che recita: A Giuseppe Pinelli, ferroviere anarchico ucciso innocente nei locali della questura di Milano; 16/12/1969.

Nel novembre 1988, una lapide simile a quella di piazza Fontana viene apposta a Roma all’ingresso della Facoltà di Lettere e Filosofia della Sapienza.[16]

Nel marzo 2006 il Comune di Milano, come il sindaco Gabriele Albertini aveva promesso di fare prima della fine del proprio mandato, ha cercato di placare le polemiche sulla presenza della lapide (che di fatto ufficializza la versione secondo cui Pinelli sarebbe stato assassinato), sostituendola con una lapide simile in cui il testo è stato cambiato per renderlo meno accusatoria: la nuova lapide recita “innocente morto tragicamente” al posto di “ucciso innocente”. La sostituzione è avvenuta di notte e non è stata precedentemente annunciata, ufficialmente per evitare possibili incidenti.

La decisione ha trovato l’opposizione degli ambienti anarchici. La sostituzione della targa è stata considerata da alcuni esponenti del mondo anarchico e della sinistra come un’operazione elettorale dovuta alle imminenti elezioni politiche e elezioni amministrative per il sindaco.

Il 23 marzo 2006, gli anarchici del Ponte della Ghisolfa hanno ricollocato in piazza Fontana la loro targa, completa della dicitura originale. Pertanto ora in quel luogo vi sono due targhe che commemorano Giuseppe Pinelli. L’allora sindaco Albertini affermò che avrebbe chiesto alla giustizia civile di far rimuovere nuovamente la targa degli anarchici, sostenendo che per decenni è stata tollerata una targa che occupava abusivamente il suolo pubblico ma, attualmente, la targa è li collocata.

Note

^ Giampaolo Pansa -Il Riformista – 17 maggio 2009
^ Colpo di scena: un fermato si uccide in questura, articolo del “Corriere della Sera” del 16 dicembre 1969, riportato da isole.ecn.org
^ a b Dossier a cura del Circolo anarchico Ponte della Ghisolfa, contenente gli articoli Colpo di scena: un fermato si uccide in questura del “Corriere della Sera”, Clamoroso colpo di scena nelle indagini sui terroristi e Gesto rivelatore da “La Notte” del 16 dicembre 1969 e l’articolo Improvviso dramma in questura: l’anarchico Pinelli si uccide del settimanale “Epoca”
^ [1], articolo di ricostruzione dei fatti del sito temporis
^ a b Tommaso De Berlanga, Il testimone Valitutti: «Calabresi era proprio lì», Il manifesto, 12 dicembre 2009, p.7
^ (16 maggio 2002 – D’AMBROSIO: CALABRESI NON C’ENTRA CON LA MORTE DI PINELLI – “SETTE”, settimanale del “Corriere della sera” – Attualità / parla il procuratore di Milano) (- stralci dell’intervista a SETTE)
^ (Commissione Stragi: audizione Allegra)
^ Una finestra sulla storia, articolo di ricostruzione dei fatti del sito temporis, riportato da Internet Archive
^ Testimonianza di Pasquale Valitutti su Pinelli
^ Come è morto Giuseppe Pinelli, ricostruzione dei fatti della testata on-line Temporis
^ a b http://www.reti-invisibili.net/giuseppepinelli/docs/4-2635_sentenza_pinelli.pdf
^ Camilla Cederna, Pinelli. La finestra sulla strage, 1971
^ http://www.anarca-bolo.ch/a-rivista/307/15.htm, Gli anarchici e la Resistenza, Direttore delle guardie a Ventotene è un certo Marcello Guida. Nel dicembre 1969 è questore di Milano. È lui che dichiara suicida il defenestrato Giuseppe Pinelli.
^ La Ballata del Pinelli nelle sue diverse versioni da “Canzoni contro la guerra”
^ La Ballata del Pinelli nella versione di Joe Fallisi
^ Anna Lisa Tota, La memoria contesa: studi sulla comunicazione sociale del passato, FrancoAngeli [2001], pp. 207. URL consultato il 2010-06-08.
Bibliografia

Eduardo M. Di Giovanni, Marco Ligini, Edgardo Pellegrini. La strage di Stato. Controinchiesta. Odradek, 2006 (edizione originale: Samonà e Savelli, 1970). ISBN 9788886973809.
Camilla Cederna, Pinelli. Una finestra sulla strage, Il Saggiatore, 2004 (edizione originale 1971), ISBN 9788851522094.
Adriano Sofri, Il malore attivo dell’anarchico Pinelli, Palermo, Sellerio, 1996. ISBN 8838912203.
Corrado Stajano, Pier Carlo Masini, Amedeo Bertolo, Pinelli. La diciassettesima vittima, BFS edizioni, 2007. ISBN 8889413166.
Adriano Sofri, La notte che Pinelli, Palermo, Sellerio, 2009. ISBN 9788838923715.

(PER NON DIMENTICARE ) la ballata del Pinelliultima modifica: 2011-12-13T10:59:32+01:00da mangano1
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