Rita Simonitto Senso, religiosità, chiese e poesia.

MOLTINPOESIA
Il blog del Laboratorio Moltinpoesia, Palazzina Liberty, L.go Marinai d’Italia 1, Milano

martedì 10 aprile 2012

 

religion.jpg

Rita Simonitto
Senso, religiosità, chiese e poesia.

Riflessioni sul post * IMoltinpoesia (2). La sporca religione dei poeti.Dialoghetti a puntate tra Samizdat e Poeta Invisibile” del 17 marzo 2012

Quasi a voler chiudere frettolosamente il post del 17 marzo 2012, Ennio dice: “Sapevo che questo secondo dialoghetto sarebbe stato accolto con gelo o irritazione. Ringrazio comunque i pochi commenti finora ricevuti”.
Credo invece che sia il tema ad essere un po’ ostico in quanto si presta a discorsi troppo carichi emotivamente e ideologicamente per cui si passa con facilità dal registro dell’analisi a quello delle opinioni. Ma, pur riconoscendo questi limiti, potenziati anche da quel particolare mezzo di comunicazione che è il Blog, da qualche parte bisognerà pur incominciare.
Un ulteriore limite, di natura diversa e ben più importante, è anche costituito dagli strumenti interpretativi di cui oggi possiamo disporre: purtroppo non è possibile fermarsi ai soli “illuminismo e marxismo come solida base”, come farebbe intuire Samizdat, in quanto ogni strumento interpretativo muta (o dovrebbe mutare!!) conformemente alla realtà che esso interroga.
Descrittivamente parlando vediamo che la realtà d’oggi si presenta come una società onnivora che incessantemente mangia e sputa senza nemmeno sapere che cosa fa. Fra l’altro, sembra che non sia più necessario saperlo a livello individuale in quanto esistono luoghi collettivi appositamente deputati a illustrare ciò che sta accadendo e come deve essere interpretato: le varie ‘chiese’ mediatico/culturali, ognuna delle quali si accaparra una fetta di ‘fedeli’.
Sembra latitare, se non come esigenza di sparute minoranze, una domanda di senso, più o meno sofferta perché mai saturata, più o meno ambita perché il ‘desiderio non abita più qui’. Tendenzialmente oggidì le risposte vengono subito presentate sul piatto ancora prima che sorgano le domande (e sappiamo, come acutamente sosteneva M. Blanchot, quanto *la réponse est le malheur da la question[1]* , proprio perché non permette nessuna apertura di senso). Si tratterà dunque di risposte rapide, perverse, mutevoli e intercambiabili. E, ovvio a dirsi, cariche di banalità, di luoghi comuni. Ne abbiamo un esempio osservando la melma politica che ci coinvolge  quotidianamente.
La ‘pappa religiosizzante’ (così definita da Samizdat) ha bisogno di essere sostenuta da un  sistema che necessita di ‘fedeli’. Gli omogeneizzati poi, i vari Plasmon, si sa, omogeneizzano e di questo principio di omogeneizzazione anche la Chiesa, certo, si fa portatrice (uomini tutti uguali di fronte a dio).
Però è importante ribadire che la Chiesa è un’istituzione che deve mantenere, al pari di tutte le istituzioni, un certo status quo per protrarre il suo dominio. Il concetto di uguaglianza può diventare allora il credo ideologico attraverso il quale viene legittimata l’espulsione di ogni diversità che verrà vissuta “aprioristicamente” come dissidenza. Non ci sarà posto per un pensiero soggettivo forte, trasformativo. Questo renderà problematico l’essere ‘noi’ se non c’è anche un ‘Io’.
Dalle osservazioni sulla realtà odierna, e dalle numerose voci di studiosi che si confrontano con il problema, si evidenzia anche un altro aspetto e cioè come ci si trovi di fronte ad una società antropologicamente, culturalmente “primitivizzata”, dominata dal principio del ‘tutto e subito’, smarrito il senso di realtà e di responsabilità. Quest’ultimo implica la capacità di discriminare l’Io dall’altro, verso cui, appunto, responsabilizzarsi. Se questa differenziazione viene a mancare si crea una massa in-distinta delle cui sorti sarà qualcun altro a farsi carico.
E’ facile ipotizzare, anche sulla scorta di esperienze storiche pregresse, che in una struttura cosiffatta si possa creare una situazione paradossale: da un lato il bisogno, la ricerca da parte di pochi, dell’uomo salvifico che porterà “la gente comune a uscire dalle condizioni di vita piatte e insopportabili”. Dall’altro, si manterrà la diffidenza per tutto ciò che è diverso e NON omologabile al sistema esistente, che si continua a percepire come ancora degno di fiducia nonostante le vessazioni e la inaffidabilità. Sappiamo anche come ogni sistema utilizzi, oltre all’espulsione o al silenzio, uno strumento molto raffinato per rendere innocue ed assorbibili le diversità, temibili o meno che siano: promoveatur ut amoveatur.[2]
Non sono dunque le religioni che hanno ridotto la gente “a una massa o di scettici e indifferenti o di creduloni e superstiziosi, tutti pronti a cadere nel panico o ad aggrapparsi a qualsiasi leader populista o tecnico, nouveau philosophe, guru, padre Pio di turno”. Affermando questo si continua a fare confusione tra religione e l’uso che di questa fanno le varie istituzioni, Chiesa compresa.
Il bisogno di dare un senso alle cose del mondo appartiene al nostro genere, qui sta la  ‘sana religiosità’ dell’essere umano che cerca di fare dei ponti (res ligamen) tra ciò che conosce e ciò che non conosce, o non conosce ancora.
Ma oggi siamo di fronte ad un bisogno di credere del tutto particolare. Esso si colloca in un contesto regressivo caratterizzato da sentimenti di ansia e paura (reali ma anche artatamente indotti) e pertanto carico di a-criticità. Se questa condizione è tipica di una situazione di crisi recessiva, una crisi di sistema (a fronte della quale certamente anche la Chiesa, se vogliamo chiamarla in causa, è stata connivente e partecipe), la sistematica distruzione di una memoria storico/politica di riferimento, la violazione ad ogni suo diritto alla rappresentabilità che non sia quella di parte – ossia dei ‘vincitori’ o di chi si allea a questi –, nonché la mancanza di un assetto progettuale politico rivolto al futuro rendono il disorientamento altamente angosciante.
Anche la Poesia – che, similmente al Sogno, rappresenta il luogo espressivo del sé più profondo, dei suoi desideri, delle sue rappresentazioni e delle sue angosce quando entra in relazione con il reale -, viene investita di questo bisogno al pari di tante altre esperienze performative. Basti vedere il proliferare di iniziative, scuole e pubblicazioni legate alla ricerca della conoscenza di sé e del sociale attraverso le più svariate tecniche definite artistiche.
La poesia, dunque, che gode del doppio statuto di strumento interpretativo nonché di ‘ente’ con le sue specifiche connotazioni (e, quindi, Poesia con la maiuscola), giocoforza si carica di ambiguità fintantoché non viene decifrato, definito e differenziato il campo dell’Io (la sua ‘soggettività’) da quello del non-Io (ovvero la realtà esterna), e non ne vengono precisati i registri attraverso i quali essa parla o per chi essa parla o, infine, a chi parla.
Quanto alla “stanza tutta per sé”, magari rappresentasse solo il raggiungimento di un ‘godimento’ (malato o no che sia) personale. No, essa e il suo godimento stanno dilagando e accecando di luce cosmica tutta l’umanità.
Ormai siamo arrivati al “business del pensiero”, come afferma Dal Lago (2007), pronto da offrire in pasto ad un consumatore già pre-educato, addomesticato a tutto questo, e quindi pronto alla dissipazione e non più alla conservazione; aduso alle piccole storie che si fanno cronache, da sorbire in un attimo come si fa con un aperitivo. Offerto ad un fruitore che si sente rassicurato solo nello stare in una nicchia di identificazione gregaria, un gregge dove non si può dire certo che esista un ‘noi’.

Ισoτητα…σκοτώνει

‘Uccide…l’uguaglianza’
Slabbrati caratteri
eppure incisi là sul frontone alto
gravido di pietra sopra essa il deserto
oggi ancora più enigma
dentro la vecchia chiesa.
I fedeli non possono leggere la scritta
perché gli sta sempre di spalle
e poi si fidano dell’Uomo
all’altro Uomo uguale.
Sognano la Libertà, che trascina l’Uguaglianza,
e intorno il colorato Popolo come dipinse
Delacroix, Eugène.

Ma l’officiante
quando si rivolge loro e fruga
fra le indistinte sagome i pensieri
ogni tanto getta lo sguardo lassù
a quei segni dall’oscura minaccia.
L’irrisolvibile gelo l’attanaglia
data persa la battaglia contro
l’Homo homini lupus.
A smerigli il sole fa ghirigori
sull’altare, gioca con la pisside dorata
col tremolio delle sue dita
umane ombre
ma non svela misteri.
In controcanto
le uniformi elettriche candele
attestano che la modernità esiste
fissa sui muri gli sguardi attoniti dei santi
come rapidi flash la smorfia del ribelle
l’impotente dolore di sconfitta
alle nuove vecchie regole del mondo:
land grabbing[3].

Rita Simonitto
Settembre 2009

Rita Simonitto Senso, religiosità, chiese e poesia.ultima modifica: 2012-04-10T18:32:46+02:00da mangano1
Reposta per primo quest’articolo