Annalisa Terranova,il de profundis per Fini e la persistenza delle sue ragioni

domenica 13 maggio 2012
Il Foglio, il de profundis per Fini e la persistenza delle sue ragioni
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Qualcosa da dire su Gianfranco Fini
di Annalisa Terranova

Oggi su Il Foglio un’intera pagina saluta la bancarotta di Fini e dei suoi farefuturisti con due articoli, uno molto lungo di Alessandro Giuli e uno, più breve, di Pietrangelo Buttafuoco. Il secondo circola anche e abbondantemente su Fb, il primo no. Nell’articolo di Giuli si rimprovera a Fli un antiberlusconismo protervo che avrebbe rappresentato il limite della neoformazione. Vi si aggiungono critiche note a Fini (incoerenza, trasformismo, ambizioni infondate) e alle sue scelte che lo hanno adesso messo in condizioni di KO. Non può tornare con Cicchitto, non può andare verso Vendola. Insomma è finito. L’articolo di Buttafuoco si conclude con un’accusa molto pesante: “Ha gettato nel cesso della storia un mondo fatto di almeno tre milioni di italiani. È riuscito lui, con le sue cravatte sbagliate, a distruggere un partito, un ambiente, una comunità che da Bolzano a Trapani aveva superato le persecuzioni, l’ostracismo e l’indifferenza”. Il primo articolo è stato scritto per lanciare questo messaggio: Fini, non ti vuole più nessuno. L’altro è stato scritto per segnare la distanza tra Fini e il mondo di provenienza. Insieme vogliono recitare il de profundis per il “cafone corporale” (espressione di Giuli).

Ora, vorrei prima di tutto ricordare che gli errori di Fini mi sono noti, quelli passati e quelli attuali (l’avere lasciato a Casini l’esclusiva della gestione dell’aggregazione terzopolista). Sugli errori passati ho scritto su due libri relativi alla storia della destra postfascista usciti quando Fini veniva salutato dal suo mondo (mugugnante solo di nascosto) come il Traghettatore insostituibile dei missini dal ghetto alle stanze dorate del governo. L’errore più grande non è stato Fiuggi ma l’approccio a mio avviso sbagliato al tema fascismo-antifascismo. Le nostalgie fasciste andavano abbandonate senza rimpianti ma, fatto questo passo, si doveva abbandonare senza rimpianti anche l’antifascismo. Il passo doveva essere fatto in avanti, sia dagli ex fascisti sia dagli antifascisti. La pretesa di trasformare gli ex fascisti in antifascisti è stata sbagliata e non poteva funzionare. Per cui oggi ci troviamo ancora dentro quella dicotomia anacronistica. La colpa è di Fini? Solo in parte. L’altra parte di responsabilità ricade su una destra incapace di guardare al proprio tempo senza rifugiarsi in riti identitari che risultano contraffatti e caricaturali. Tra Fini e questa destra non c’è compatibilità e poiché non c’è compatibilità nemmeno tra me e questa destra, io mi trovo nella parte del campo dove si posiziona Fini, pur con i limiti che ho spiegato. Il neofascismo è sempre stato un handicap per il mondo dal quale provengo e lo pensavo già negli anni Ottanta, quando Fini non aveva maturato alcuna svolta.
Del mondo di cui parlo penso di saperne abbastanza, sono titolata a parlarne più di Buttafuoco e più di Giuli che non ricordo particolarmente attivi in quella comunità che da Bolzano a Trapani aveva superato persecuzioni e ostracismi. Non lo dico per polemizzare con loro perché non mi interessa, lo dico perché ho degli elementi su cui basare le mie osservazioni e non faccio esercizi stilistici. Chi ha gettato nel cesso della storia quel mondo?
Io dico che lo ha fatto soprattutto Alleanza nazionale che era guidata certo da Fini ma che si è anche ben presto trasformata in un insieme di apparati interessati solo a perpetuare se stessi. La mancanza in An di una corrente di opposizione dichiarata (passo che la destra sociale non ha mai voluto fare) ha dato modo a Fini e ai suoi colonnelli di allora (Gasparri, La Russa, Matteoli e Urso, Alemanno e Storace) di gestire il partito oscillando tra il perenne immobilismo e il vassallaggio verso lo sdoganatore Berlusconi. In tredici anni di quell’esperienza non ricordo mai una contestazione eclatante al leader Fini ma ricordo trattative serrate quando c’era da spartirsi i posti in lista. L’unico a contestare apertamente Fini fu Storace all’Ergife dopo la famosa frase sul “male assoluto” e io all’Ergife c’ero. C’ero non certo perché ritenga le leggi razziali un bene assoluto (l’antisemitismo è un’idiozia allo stato puro, una forma di inciviltà, una rozza semplificazione intellettualistica e non me ne sono mai macchiata e devo anche dire che nel Msi questo atteggiamento, per ciò che io ho potuto vedere e constatare, non era presente). C’ero perché speravo che Storace potesse formare in An quella opposizione interna senza la quale i partiti non sopravvivono. Sappiamo tutti com’è andata.
L’altro responsabile della frammentazione ormai insanabile del mondo di cui ho fatto parte è stato Silvio Berlusconi. Tutta la maturazione compiuta da quell’area, soprattutto tra i giovani, nei difficili anni seguiti alla lotta armata è stata spazzata via di colpo dal facile ricorso allo slogan, da un anticomunismo infantile e fuori tempo, da un bipolarismo malato, dalla considerazione che lo stesso Berlusconi ha sempre avuto degli ex missini come topi di fogna da lui riportati alla luce del sole. Fini non ha mai avuto rispetto a questo signore un soprassalto di dignità in nome dei tre milioni di italiani che si erano riconosciuti nel Msi. NESSUNO ha avuto un soprassalto di dignità. Né i colonnelli né i quadri intermedi né i militanti contenti che arrivasse il grande comunicatore a regalare loro le copie del libro sui crimini del comunismo nel mondo, illudendosi che con lui potevano avere la revanche rispetto al ghetto mentre hanno avuto solo Ciarrapico al Senato e i diari-patacca del Duce comprati da Dell’Utri.
Poi Fini ha rotto con Berlusconi. Come ho già detto questo mi basta. Ero presente a quella riunione e ho visto e sentito ciò che era sufficiente sentire e vedere. Quello di Fini è stato un gesto di follia (se fosse stato calcolato non si troverebbe come si trova oggi) che ha riscattato il suo decennale grigiore. Non ho visto fare gesti simili né da intellettuali blasonati, né dai tanti pontificatori di cui questo ambiente pullula né dai politici che, dopo essere stati elevati da Fini a funzioni che non erano in grado di svolgere hanno cantato con Berlusconi per festeggiare la cacciata dal Pdl dello stesso Fini e dei parlamentari che lo hanno seguito. Certo questa parte della destra, quella rimasta dalla parte “giusta”, ha imparato col tempo a mettersi le cravatte apprezzabili ma per me non è sufficiente perché li riconosca come alfieri di un ideale che hanno contribuito a distruggere con i comportamenti e con la pochezza della loro preparazione ma soprattutto con la pigrizia di chi si sente “arrivato” e non ha più voglia di sfidare se stesso.
Ma non voglio eludere la questione attuale: il mondo da cui provengo non esiste più. Non mi interessa se si riunirà o no (se lo farà ciò accadrà ancora una volta per servire a logiche di apparato). A me interessa che quel mondo, non tutto, bensì la sua parte migliore si depuri col tempo (e ci vorrà molto tempo) dalle tossine del berlusconismo e dalla rappresentazione della destra che ne deriva. Ciò mi sembra la missione più nobile che chi ha fatto parte come me di quel mondo deve prefiggersi nelle attuali circostanze. Io Ho avversato Berlusconi perché non mi sento “rupulita” dall’interesse contingente che egli ha mostrato nei confronti del voto delle persone come me, l’ho avversato perché non si è mai comportato come un leader che avesse compreso che le persone come me potevano rappresentare un valore aggiunto per il suo partito di riciclati, per esempio allontanandolo dalle rozze pulsioni leghiste, dalla caccia all’immigrato, dalle passeggiate metaforiche con i maiali nei terreni destinati alla costruzione delle moschee, dalle candidate scelte per la partecipazione alle “cene eleganti”. Ho sempre lottato contro questa rappresentazione becera della destra ma a Berlusconi interessava solo la destra becera. Ciò che ha fatto Fini è stato esattamente comprendere che la mia, e quella di tanti altri, era la battaglia da fare. Non mi interessano le percentuali che questo tipo di operazione raccoglie. Mi interessa solo il fatto che si tratta di una battaglia giusta. Lo era ieri e lo è oggi. Il colore delle cravatte è un dettaglio che colpisce Buttafuoco. Io mi occuperò di rivoluzioni cromatiche quando non avrò altro di meglio da fare. Per ora me ne frego.
Ribadisco, in conclusione, che Fini avrà il mio voto in ogni caso e nonostante altri errori che dovesse compiere. Riconosco che è a terra. Che probabilmente il suo destino è segnato. Me ne frego anche di questo. Sono cresciuta in un mondo dove già era considerato un grande successo avere un consigliere circoscrizionale. Alle poltrone sono allergica. Infine, se proprio all’estetica vogliamo guardare mi concentrerei più che sul colore delle cravatte su un altro aspetto: mi hanno insegnato che quando un avversario, sia pure molto odiato, è nelle condizioni dello sconfitto non si infierisce. È solo stile per carità, c’è chi ce l’ha e chi vive benissimo facendone a meno. Per questa ragione io non ho brindato nel giorno delle dimissioni di Berlusconi e ho trovato fastidiosa e indegna la gazzarra organizzata al Quirinale contro di lui. Per la stessa ragione trovo che chi oggi indulge in simili atteggiamenti nei confronti di Gianfranco Fini può richiamarsi al massimo alle alte idealità del feltrismo. Non è il caso di scomodare il fascismo né il Msi. E con questo, per me, il discorso è chiuso.
fonte: facebook

Annalisa Terranova,il de profundis per Fini e la persistenza delle sue ragioniultima modifica: 2012-05-15T14:15:31+02:00da mangano1
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