VEDO LA FINE DELLA CRISI: LE ULTIME PAROLE FAMOSE

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VEDO LA FINE DELLA CRISI: LE ULTIME PAROLE FAMOSE. Monti al meeting di Cl a Rimini. il testo scritto del discorso
lunedì 20 agosto 2012.IL TESTO

Monti: vedo la fine della crisi meno corporazioni, più lavoro

Ecco il testo scritto del discorso del premier Mario Monti al meeting di Cl a Rimini *

Cara Professoressa Guarnieri,

Caro Professor Vittadini,

Cari ragazzi,

venendo a Rimini, questa mattina, sapevo che avrei trovato una platea vivace. Non uno, ma migliaia di interlocutori, ciascuno con la sua proposta, la sua visione della vita e, certamente, un bagaglio carico di aspettative e preoccupazioni per il futuro.

Sono fermamente convinto del fatto che la vita pone a ciascuno di noi nuove sfide da affrontare, tutti i giorni, a qualsiasi età. Ciascuna sfida, quelle vinte, ma anche quelle da cui usciamo sconfitti, aiutano a costruire quello che saremo nel futuro. Per questo motivo non credo esistano sfide più o meno importanti. Può cambiare la tensione con la quale le affrontiamo. Certamente cambia la nostra preparazione e la capacità di accettarne gli esiti.

Provo a raccogliere l’invito rivoltoci dalla Professoressa Guarnieri: quello cioè di confrontarsi e affrontare le proprie sfide: le vostre quelle più difficili. Sono difficili perché l’incognita del percorso che vi aspetta è spesso più forte della fiducia che avete in voi stessi; oppure perché talvolta l’impazienza di trovare una dimensione che vi soddisfi prevale sulla pazienza di aspettare il fatidico “momento giusto”. Sono certo che alcuni di voi non hanno nemmeno la certezza di quale sia davvero la collocazione più appropriata: se in Italia o all’estero, se da liberi professionisti, imprenditori o impiegati, nel privato o nella pubblica amministrazione.

“IMPREVEDIBILE ISTANTE”

Voi ragazzi lo avete chiamato “imprevedibile istante”. È una definizione affascinante, e le parole che il Professor Vittadini e la Professoressa Guarnieri hanno pronunciato poc’anzi, ricordando l’impegno che ciascuno di noi deve porre sulla costruzione della propria persona, ne danno conferma.

Se interpreto bene il vostro pensiero, la crescita personale prende le mosse dalla capacità di iniziativa individuale, dalle soddisfazioni alle quali ciascuno può ambire legittimamente, ma che deve saper conquistare passo dopo passo, con il merito. È questione di istanti, che restano imprevedibili perché non ci è dato sapere se e come sapremo far nostro l’insegnamento che ci lasciano. Possiamo soltanto affidarci alla fiducia in noi stessi, maturandola dalla preparazione, dallo studio e dalla capacità di ascolto.

L’imprevedibilità è quindi un elemento essenziale. Solamente la forza di volontà, unitamente alla capacità che ciascuno ha e sa usare, sono il motore del successo personale, qualunque dimensione gli si voglia dare: professionale o umano.

A me l’imprevedibilità dell’istante ricorda un bel film di qualche anno fa: “L’attimo fuggente”. Il professore che incita i suoi allievi ad abbandonare gli schemi, a ragionare con la propria testa, guardando il mondo da una prospettiva diversa, è la sintesi perfetta di quello di cui stiamo parlando. Nel film il professore chiede agli allievi di salire in piedi sul banco, osservando l’aula – il loro piccolo universo – da un punto mai sperimentato prima. In cortile chiede loro di camminare, scegliendo il passo che preferiscono, ad una sola condizione: che sia il “loro” passo.

Al tempo stesso è giusto ricordare, ed è un punto molto importante, che nel percorso che avete intrapreso non siete soli. Come per gli allievi del film, che hanno la fortuna di incontrare un professore che li guida attraverso le difficoltà, anche per voi c’è una guida, ed è una guida presente.

Le sfide di cui parlavo poc’anzi si vincono più facilmente se ci sono gli strumenti giusti per farlo. E il compito di “creare” questi strumenti spetta a chi ha già avuto la vostra bellissima e difficile età e, oggi, ha la responsabilità di garantire a voi opportunità migliori. In questo senso sono fondamentali la famiglia, i legami affettivi, gli amici, la fede che – lo ricordava poc’anzi la Professoressa Guarnieri – anima molti tra voi, l’associazionismo – Comunione e Liberazione è un esempio perfetto in tal senso – e, infine, le istituzioni pubbliche.

GENERAZIONE PERDUTA

Vedete, quando in un’intervista rilasciata poche settimane fa ho parlato di “generazione perduta”, non ho fatto altro che constatare con crudezza – a volte è necessaria anche quella – una realtà che è davanti agli occhi di tutti: lo “sperpero” di una intera generazione di persone che oggi giovani non lo sono più, alcuni di loro hanno superato i 40 anni d’età, e che pagano le conseguenze gravissime della scarsa lungimiranza di chi, prima di me, non ha onorato il dovere di impegnarsi per loro. Un’intera generazione che paga un conto salatissimo.

Una generazione che, ci tengo a precisare, non considero perduta perché priva di mezzi o capacità. Al contrario, trovo che la perdita, gravissima, di capitale umano abbia nuociuto fortemente al Paese, in parte per l’emorragia di professionisti e studiosi che hanno scelto di vivere all’estero, in parte per le mancate opportunità di coloro che, benché meritevoli, sono rimasti in Italia, senza trovare adeguate soddisfazioni professionali.

È questa la perdita generazionale a cui facevo riferimento. Una perdita che danneggia tutti noi, non solo i diretti interessati, a cui non mancano né energie né competenze. Apprendo che, a seguito della mia dichiarazione, molti appartenenti alla fascia d’età compresa tra i 30 e i 40 anni hanno reagito, siglando un vero e proprio manifesto in cui spiccano parole portanti come merito, rispetto, impegno e fiducia. È la conferma di quanto ho appena detto: abbiamo un capitale umano eccellente, al quale le “batoste” di questi anni non hanno tolto la voglia di proporre e di partecipare alla vita del Paese.

Dobbiamo fare tutto quanto è possibile affinché il Paese non perda anche voi e, anzi, affinché possiate essere una risorsa preziosa per la nostra economia e per il sociale, ma soprattutto perché restiate sempre vivaci come siete oggi, perché possiate mantenere lo stesso fuoco nello sguardo, la stessa curiosità.

Lo spirito, da parte vostra, dev’essere quello al quale ha fatto riferimento il Segretario nazionale di “Giovani Insieme”, un’associazione no-profit che ha contribuito a fondare il Forum Nazionale Giovani, pochi giorni fa: sentirsi pronti a prendere in mano le sorti di questo Paese. A noi invece spetta il compito di facilitarvi nel raggiungere questo risultato. Per riuscire non c’è che un modo: serve un’azione dura e decisa.

È esattamente quello che abbiamo provato a fare – e stiamo ancora facendo – nel poco tempo che ci è stato concesso. Abbiamo cercato, con la squadra di Governo, di creare le condizioni affinché quell’istante che voi chiamate imprevedibile perda un poco dell’alea che ha oggi e guadagni in certezza. Non troppa – altrimenti la partita sarebbe noiosa – ma tanto quanto basta per darvi il giusto coraggio per andare avanti.

SCUOLA E UNIVERSITÀ

Il primo punto sul quale abbiamo lavorato – e lavoreremo intensamente nei prossimi mesi – è l’istruzione, a tutti i livelli.

Per quanto riguarda la scuola abbiamo cinque obiettivi:

Primo obiettivo: promuovere una migliore scolarità in tutta la popolazione, favorendo il sapere e le competenze diffuse. Il Professor Vittadini ha citato un dato che bisogna invertire quanto prima: 38% dei quindicenni italiani che ritiene la scuola un luogo dove non si ha voglia di andare. La scolarità diffusa è il un passo necessario per “togliere il freno” allo sviluppo dell’imprenditorialità e contribuire al diffondersi di un’offerta di lavoro più qualificato.

Secondo obiettivo: offrire maggiore possibilità alle scuole di esprimere, con autonomia e responsabilità, le proprie potenzialità.

È importante, anzitutto, potenziare l’istruzione tecnico-professionale, come ricordava anche il Professor Vittadini poco fa. Se nel mercato del lavoro italiano persiste un divario tra la domanda elevata di alcune professionalità e l’offerta scarsa o inesistente è anche a causa dell’insuccesso della formazione tecnica. Confartigianato ha quantificato in 32mila i posti di “difficile reperimento”. Una migliore formazione tecnico-professionale è il perno su cui insistere per colmare questo divario.

Dobbiamo anche insistere sul digitale, per accelerare i tempi e facilitare i rapporti tra la scuola pubblica e gli utenti: insegnanti, studenti e genitori.

Terzo obiettivo: introdurre nuove modalità di reclutamento e formazione dei docenti, per favorire l’ingresso nella scuola di giovani insegnanti capaci e meritevoli e favorire un rapporto continuo e stretto tra scuola e società, anche attraverso accordi istituzionali con università, enti di ricerca, associazioni professionali e parti sociali.

Quarto obiettivo: tra le nostre priorità c’è anche il contrasto all’insuccesso formativo, alla dispersione e all’abbandono scolastico. L’Agenda di Lisbona – che questo Governo sposa pienamente – pone l’obiettivo di portare il tasso di fallimento formativo sotto il 10%. Sono ben 8 punti percentuali in meno di quello attuale. Senza contare il tasso di abbandono scolastico dei giovani tra i 15 e i 24 anni, che – ha ricordato recentemente il Corriere della Sera citando una ricerca di Confartigianato – resta elevatissimo: 18,6%.

Per riuscire stiamo portando avanti azioni specifiche per contrastare le cause di fenomeni di mancata scolarità e per promuovere il recupero delle aree scolastiche più compromesse, anche potenziando iniziative di educazione alla cittadinanza e alla legalità.

Di esempi ce ne sono molti. Tra i tanti, cito i “Fondi alle Regioni il diritto allo studio degli studenti meno abbienti”. Grazie a questi Fondi abbiamo potuto stanziare 103 milioni di Euro a favore delle Regioni per la fornitura gratuita, nel prossimo anno scolastico, dei libri di testo delle scuole dell’obbligo e secondarie superiori.

Quinto obiettivo: riteniamo strategica la promozione della mobilità degli studenti, estendendo a tutti la possibilità di studiare e fare esperienza lavorativa all’estero, per poi tornare nel nostro Paese e far fruttare le conoscenze apprese.

Vi cito l’esempio del progetto Angels. Il nome, da solo, dice tutto: 5,3 milioni di Euro, ripartiti in tre annualità, con tre obiettivi principali: Anzitutto, far sperimentare agli studenti metodi di ricerca e insegnamento propri di altri sistemi educativi e sviluppati da centri di eccellenza internazionale; Inoltre, accrescere la domanda di qualità nell’insegnamento e nella ricerca; Infine, favorire la competitività e l’azione delle imprese del Mezzogiorno attraverso la formazione di nuove classi dirigenti.

Per quanto riguarda l’università il nostro progetto è, si fa per dire, “semplice”: prima di tutto, vogliamo azzerare la “fuga dei cervelli” dal Paese, partendo dal momento in cui quei cervelli si stanno formando. Appena pochi giorni fa sfogliavo uno studio condotto dall’Istituto per la Competitività sul costo che la fuga dei cervelli produce per il nostro PIL. I dati sono preoccupanti. Il saldo negativo viene stimato in 1,2 miliardi di euro. Lo stesso studio quantifica in 20 miliardi di euro annui l’incremento di PIL che deriverebbe dall’azzeramento di questo saldo.

Contestualmente, stiamo cercando di migliorare gli atenei. Lo stiamo facendo attraverso tante azioni concrete, tre in particolare:

prima tra tutte quella finalizzata a favorire la “permeabilità” fra Università, imprese e centri di ricerca. Un sistema “poroso” in cui ciascuno degli attori che lo compongono offre agli altri il proprio valore aggiunto e ha la possibilità di colmare le proprie lacune facendo perno sulle competenze messe a disposizione dagli altri.

La seconda azione è volta a migliorare gli standard di valutazione e la loro trasparenza. Non si tratta di togliere i finanziamenti a chi non produce. Si tratta di premiare chi produce e di sollecitare chi è rimasto dietro a riflettere sulle proprie carenze, per tornare a essere competitivo.

Infine, con la terza azione miriamo a ricostruire i grandi aggregati di competenze nazionali, che per noi sono strumentali non solo alla “specializzazione intelligente” dei territori – vuol dire che ciascun territorio potrà e dovrà produrre il tipo di sapere per cui è più adatto – ma anche all’identificazione di cluster innovativi. In questo modo non mortifichiamo la possibilità di far nascere, anche dal nulla, nuovi saperi e capacità.

IL LAVORO

Assieme alla scuola, il lavoro occupa una posizione centrale nelle azioni presenti e future di questo Governo. La riforma è, e resta, il perno centrale della nostra azione.

Con la riforma abbiamo migliorato la qualità dell’occupazione per liberare tanti giovani dal labirinto della precarietà attraverso la definizione di un percorso professionale che consentisse loro di intravedere un futuro lavorativo e, magari, la possibilità di migliorare la loro posizione sociale. Il Ministro Fornero ha sintetizzato perfettamente il concetto. Si tratta – e sto citando – “di scommettere sul genio italiano, lavorando per ampliare gli spazi di tutti i giovani e le giovani donne”.

Un percorso di carriera che, secondo noi, dovrebbe cominciare prima della laurea con uno stage, per poi proseguire con un contratto di apprendistato, che abbia una durata minima di sei mesi e assicuri la garanzia di una formazione adeguata a imparare un mestiere, e infine trasformarsi, per quelli che lo hanno meritato, in un contratto di lavoro a tempo indeterminato.

Abbiamo creato le condizioni per rendere effettivo e conveniente questo percorso ai lavoratori e alle imprese.

Ai primi cerchiamo di garantire tempi ridotti di transizione tra scuola e lavoro e tra disoccupazione e occupazione. La transizione, nel mercato del lavoro che abbiamo creato, dev’essere sempre da un’attività a un’altra. È il solo modo per far sì che il lavoratore si arricchisca durante il cammino e il tessuto imprenditoriale non disperda nulla – anzi, si avvantaggi – di questo miglioramento. Al tempo stesso, siamo intervenuti con la radicale modifica del sistema degli ammortizzatori sociali. La direzione è, nuovamente, quella della creazione di un modello di tutele più universalistico e più finalizzato all’occupazione.

Per quanto riguarda le imprese, abbiamo concentrato gli incentivi contributivi sul contratto di apprendistato e abbiamo riconosciuto un importante sgravio dell’IRAP per le imprese che assumono a tempo indeterminato giovani e donne nelle regioni meridionali. Con il decreto sviluppo, poi, abbiamo introdotto un importante credito di imposta per le imprese che assumono a tempo indeterminato i laureati in materie tecniche e i giovani che hanno conseguito un dottorato.

LE PROFESSIONI E LIBERALIZZAZIONI

Chiaramente quando parlo di mercato del lavoro faccio riferimento a una gamma vastissima di competenze e professionalità. Molte delle misure che abbiamo approvato e che incidono sulla flessibilità in entrata e in uscita sono rivolte soprattutto ai lavoratori dipendenti.

Per i liberi professionisti abbiamo pensato che la strada migliore fosse quella della concorrenzialità. Con la liberalizzazione delle professioni abbiamo aperto alla concorrenza settori che troppo spesso mantenevano ai margini i nostri giovani e, per metterli in condizione di entrare quanto prima nel mercato del lavoro, abbiamo ridotto a 18 mesi il periodo di tirocinio.

Come vedete, il merito e l’impegno mantengono sempre un ruolo centrale, perché in un mercato aperto alla concorrenza si premiano soprattutto l’impegno e la dedizione. Faccio uno sforzo di semplificazione e cito i provvedimenti più significativi:

Anzitutto, la liberalizzazione degli orari di apertura degli esercizi commerciali e la definizione del principio generale di libertà di apertura di nuovi esercizi commerciali. Diamo così la possibilità ai titolari di negozi di investire sulla creatività e sulla flessibilità, sperimentando formule che un mercato chiuso non avrebbe consentito.

C’è poi la soppressione delle limitazioni per l’esercizio di attività professionali e la riduzione del tirocinio, dove previsto, a 18 mesi. Come potrete facilmente intuire, le due misure sono strettamente legate tra loro. L’obiettivo è quello di dare nuova dignità ai giovani professionisti. Molti di loro oggi faticano ad affermarsi, nonostante abbiano alle spalle anni di studio e di formazione sul campo.

Volevamo ridurre il gap tra la formazione – che è fondamentale, ma non può essere un ostacolo al lavoro vero e proprio o, peggio, una scusa per procrastinare l’inizio del lavoro – e l’esercizio di una professione. Ecco perché per noi è essenziale che ci siano più liberi professionisti e che costoro lavorino in un sistema di concorrenza pulito, a beneficio di tutti: degli stessi professionisti ma anche dei consumatori.

Infine, vorrei ricordare gli incentivi alla creazione di impresa. Un autorevole quotidiano economico poche settimane fa faceva un confronto tra le condizioni per fare impresa nelle principali democrazie contemporanee. Purtroppo, l’Italia non occupava una posizione particolarmente meritoria in classifica. Una delle cause, a nostro avviso, è la difficoltà di iniziare un’attività commerciale.

L’abbattimento dei costi burocratici è un inizio importante. Vi basterà un euro di capitale per cominciare la vostra impresa. Grazie al programma di semplificazioni che il Ministro Patroni Griffi sta realizzando avrete minori difficoltà nel rapporto con le pubbliche amministrazioni. E, soprattutto, avrete gli strumenti per fronteggiare il fenomeno dei ritardi di pagamento delle pubbliche amministrazioni.

CONCLUSIONI

Cari ragazzi, ho cominciato questo discorso parlando della vostra vivacità, delle sfide che vi aspettano, dell’impegno che famiglia e istituzioni devono spendere a vostro favore affinché il percorso che avete davanti sia meno incerto. Soprattutto, ho parlato dei vostri sogni ed è con questi che vorrei concludere.

Anche io ho un sogno e vorrei condividerlo con voi. Ora che, grazie all’impegno del Parlamento, molte riforme sono state completate mentre altre sono già state messe in cantiere, il mio desiderio è che il 2013 sia l’anno degli investimenti in capitale umano. L’anno nel quale tutto il Paese si mobilita per combattere la crisi economica scommettendo sui propri giovani e sulle loro competenze e i loro talenti. L’anno nel quale, nonostante la crisi, le imprese fanno uno sforzo particolare per immettere il maggior numero possibile di giovani lungo il percorso di inserimento lavorativo tracciato dalla riforma del mercato del lavoro.

Per ripartire, si potrebbe cominciare da qui. Da un investimento straordinario in capitale umano al quale concorrano tutte le forze del Paese e soprattutto le imprese. Perché se lo Stato da solo non può risolvere ogni problema, ciò non significa che non possano riuscirci gli italiani – soprattutto quelli più giovani – se sapremo affrontare uniti i problemi che abbiamo di fronte. Cominciando da quello della disoccupazione giovanile.

Vedete, la società, la vostra società, ha delle straordinarie potenzialità; la nostra economia, pur con tante difficoltà, rappresenta ancora la seconda manifattura d’Europa e l’Europa, oltre a essere la prima economia del mondo, è anche uno straordinario progetto politico che può garantire a tutti noi una solida prospettiva e una grandiosa opportunità. Siete voi, la vostra generazione “globale”, che può migliorare e arricchire il progetto di un’Europa unita. Come disse De Gasperi 60 anni fa, è in voi giovani che va fatto nascere, e poi continuamente rinnovato, l’ideale – o “la fiaccola”, come disse lui – dell’avvenire dell’Europa

Dobbiamo essere all’altezza delle sfide che abbiamo davanti. Agli egoismi di parte dobbiamo far prevalere l’altruismo di ciascuno. Ed è questa, in conclusione, la miglior risposta a quanti mi chiedono che cosa stiamo facendo per i giovani. Stiamo combattendo per consegnare loro un’Italia più forte ed affidabile in un’Europa più unita e solidale nella quale i giovani di buona volontà possano guardare al futuro con serenità.

Anni fa, quando venni qui da Commissario europeo, parlai di “sciopero generazionale”, invitando i giovani di allora a intraprendere una protesta forte, un percorso di rottura, per avviare cambiamenti radicali di cui il Paese aveva bisogno. Lo scorso anno il Presidente Napolitano vi ha ricordato di essere una risorsa preziosa per il Paese, a condizione “che siate sempre voi stessi”.

Ecco, credo sia questa la sintesi più efficace, quella tra la consapevolezza di voi stessi e l’impegno civico e sociale. È questa la strada giusta. La vostra caparbietà, il vostro impegno – ancora una volta: i vostri sogni – e il contributo che il Governo sta dando sono gli ingredienti giusti per rendere il futuro meno incerto. Un futuro nel quale, e del quale, sarete voi i protagonisti.

* la Repubblica, 19 agosto 2012

O LA FINE DELLA CRISI: LE ULTIME PAROLE FAMOSE. — LA MAPPA. La dissociazione tra politica e democrazia rappresentativa (di Ilvo Diamanti)
20 agosto 2012, di Federico La Sala
LE MAPPE
La dissociazione tra politica e democrazia rappresentativa
Una volta l’arena politica era occupata dai partiti e i politici erano, di conseguenza, gli eletti dai cittadini. Ora i parlamentari si sono mascherati da “gente comune”. Senza esserlo verametne. Così sono divenuti sempre più impopolari
di ILVO DIAMANTI *
LA DISSOCIAZIONE fra politica e democrazia rappresentativa. Si è ormai consumata. Anche se si continua a parlare “come se”. Tutto fosse come prima. Quando l’arena “politica” era occupata dai partiti e i “politici”, di conseguenza, erano gli eletti dai cittadini. Nelle liste promosse e proposte dai “partiti”. Eppure non è così. Oggi in modo particolarmente esplicito ed evidente. Basta riflettere sulle vicende al centro del dibattito “politico” in questi giorni. Anzitutto, la polemica intorno alla presunta trattativa fra Stato e mafia, che vede coinvolto il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, “intercettato” durante le indagini, da un lato. I magistrati di Palermo, titolari dell’inchiesta, dall’altro. Accanto ad essi, altri soggetti istituzionali importanti. La Corte Costituzionale, chiamata a esprimersi sulla legittimità dell’intercettazione e, soprattutto, del suo uso ai fini dell’inchiesta. Inoltre, il capo del governo, Mario Monti, il quale ha parlato di “abusi” nell’ambito delle intercettazioni. E, ancora, l’Anm, intervenuta a sostegno dell’azione della Procura di Palermo. Ma potrei elencare altri nomi, di altre figure, titolari di altre cariche istituzionali. Uno per tutti: Mario Draghi. Protagonista delle vicende relative all’economia e ai mercati. Le questioni che attraggono maggiormente l’attenzione pubblica. Il discorso non cambierebbe di significato. Per l’assenza, pressoché totale, di leader e soggetti di partito. “Eletti” in assemblee “elettive”. Segno che oggi la politica, in Italia, è guidata e influenzata da soggetti non direttamente espressi dai canali della rappresentanza democratica. Della democrazia rappresentativa.
Naturalmente, i magistrati (inquirenti, giudicanti e costituzionali) interpretano istituzioni e poteri “costitutivi” della democrazia. Che concorrono a “garantire” e sorvegliare. Il Presidente della Repubblica e il Capo del governo: hanno un ruolo di primo piano, nel sistema politico. E sono, ovviamente, espressi dagli organismi rappresentativi. Per primo: il Parlamento. I giornali e i giornalisti, gli intellettuali: sono gli attori protagonisti dell’Opinione Pubblica. Prerogativa e condizione essenziale della democrazia rappresentativa. A conferma, però, che i partiti, oggi, partecipano al “campo politico” in misura laterale e subalterna. Questa situazione è stata provocata, anzitutto, da comportamenti e situazioni di privilegio che la crisi economica ha reso ancor più inaccettabili, per i cittadini. Ma anche dall’importanza assunta, sulla scena politica, da altri ambiti e canali. Anzitutto i media e la televisione. I teleschermi hanno, infatti, sostituito le piazze, la comunicazione e l’immagine hanno rimpiazzato il rapporto diretto con il territorio e la società. I “politici”, cioè gli uomini di partito, eletti nei parlamenti nazionali e anche locali, per conquistare il consenso, si sono mascherati da “gente comune”. Senza esserlo veramente. Così sono divenuti sempre più impopolari.
Per conquistare voti, per vincere le elezioni, i “politici” si sono presentati come “antipolitici”. Cioè: contro i partiti e i politici eletti nei partiti. Anche se, per essere eletti, hanno formato e fondato nuovi (anti) partiti. Un’altra importante causa di delegittimazione della politica e dei politici è di tipo “tecnologico”. Questa, infatti, è l’epoca della Rete e del Digitale. Che influenzano tutto. L’economia, la politica, la vita quotidiana. I mercati: sono sempre aperti, dovunque. Scossi da emozioni e sentimenti a ciclo continuo. Fiducia e Sfiducia si propagano in tempo reale. E, si sa, Fiducia e Sfiducia sono il fondamento dei Mercati. Ma anche della Politica. Visto che la Politica, oggi, si fonda sull’andamento dei Mercati. Ed essa stessa, a sua volta, è un “mercato”.
Le tecnologie della comunicazione: hanno trasformato anche e soprattutto le nostre abitudini quotidiane. Noi siamo in contatto con tutti, dovunque, in qualunque momento. Attraverso i computer, i telefoni cellulari, i tablet. E ora gli smartphone. Che sono computer, telefoni cellulari e tablet al tempo stesso. Tutti comunicano in tempo reale. Su Fb e Twitter. D’altronde, ciò che prima era custodito in immensi giacimenti cartacei oggi è digitalizzato. Conservato in archivi immateriali. Siamo nell’era dell’Opinione Pubblica sempre in Rete. In cui tutti possono parlare ed essere ascoltati. Intercettati. In cui ogni documento, anche il più segreto, può essere scrutato, captato e divulgato. In Rete. Dove le Democrazie temono l’eccesso di trasparenza e di libertà. Dove Assange e WikiLeaks diventano la peggiore minaccia per le Patrie della Democrazia e dei diritti, come gli Usa e l’Inghilterra. Dove una band di ragazze diventa un rischio inaccettabile per un potere centrale e centralizzato, come quello della Russia. Che, più della protesta in piazza, teme il “ridicolo” diffuso in Rete. E si ribella alla ribellione “pop”. Pardon: punk.
In Italia, la rivoluzione digitale, la Rete, insieme alla degenerazione della Democrazia del Pubblico – portata alle estreme conseguenze da quasi vent’anni di berlusconismo – hanno minimizzato il ruolo e l’importanza dei “politici di partito”. E dei “partiti politici”. Oscurati dai Tecnici, dai Magistrati, dai Professionisti della Comunicazione. Non a caso, i soggetti politici di maggior successo, oggi, sono un Professore senza Partito, come Mario Monti (accolto con entusiasmo all’inaugurazione del Meeting di Rimini) e un protagonista della Rete e della Comunicazione (con grandi competenze nello spettacolo), come Beppe Grillo. Inseguito, a fatica, da un Magistrato Politico, come Di Pietro.
Personalmente, mi preoccupa l’eclissi della democrazia rappresentativa e dei soggetti che, tradizionalmente, la interpretano. Tuttavia, ritengo la democrazia diretta, che corre in Rete, utile a correggere e arricchire la democrazia rappresentativa. Non a sostituirla. Così, ci attendono tempi insidiosi. Perché non vedo futuro per la democrazia rappresentativa “senza” partiti. Ma neppure “con questi” partiti. Rischiamo altrimenti di assuefarci a una politica che si svolge fuori, oltre e sempre più spesso contro. I partiti.
* la Repubblica, 20 agosto 2012

VEDO LA FINE DELLA CRISI: LE ULTIME PAROLE FAMOSEultima modifica: 2012-08-20T12:25:41+02:00da mangano1
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