satisfiction.OGNJEN SPAHIC. IL MALE CHE CONSUMA E IL CROLLO DI CEAUSESCU.

OGNJEN SPAHIC. IL MALE CHE CONSUMA E IL CROLLO DI CEAUSESCU.

 

 

djurberg.jpg
“Spahić è riuscito a scrivere anche una parabola, grottesca e precisa, di un evento storico epocale e universale come la caduta del comunismo nel 1989. Ancora una volta, anche grazie alla letteratura, la malattia – l’evento più personale, talora incomunicabile, nell’esistenza di un individuo – diviene il volto del mondo”. A scrivere è Claudio Magris nella preziosa introduzione a I figli di Hansen, romanzo d’esordio del montenegrino Ognjen Spahic, in libreria per i tipi di Zandonai Editore. Romanzo “terribile” nell’accezione originaria della parola, di cui Satisfiction propone un lungo incipit. Sullo sfondo degli ultimi deliranti giorni della dittatura di Ceausescu, è ambientato in un ghetto, non razziale ma legato a un male di cui in Europa si è dimenticata l’esistenza.

P.M.

 
 
 .

Il 16 aprile 1989 mi alzai prima di tutti. Volevo raccogliere alcuni narcisi ancora in bocciolo cresciuti lungo il muro meridionale dell’ospedale. Volevo che si schiudessero nella mia stanza, sicché scesi i due piani di scale portando una lattina piena d’acqua. La sera prima era ancora colma di fette d’ananas che Robert ed io avevamo masticato con piacere. Questa frutta veniva regolarmente evitata dai doganieri e dagli affamati contadini rumeni, che agguantavano sempre tutti i viveri dal pacco di aiuti umanitari della Croce rossa internazionale, cosicché sul fondo delle grandi scatole rimanevano soltanto lattine di succosa frutta tropicale.

Presumo che si trattasse di qualche superstizione alimentare del tipo: «il caffè della Repubblica sudafricana è radioattivo» oppure «le mele della Nuova Zelanda sono colorate artificialmente». Era piacevole osservare i pendii nevosi delle montagne lontane pensando alle mani delle ragazze caraibiche, alle loro dita che soltanto qualche mese prima accarezzavano la grinzosa pelle del frutto il cui cuore ora deliziava il nostro palato. Inghiottendo l’ananas, con il pensiero leccavamo i teneri palmi delle loro mani, e io non mi vergogno a confessare che, mangiandolo, avevo spesso una leggera erezione.

I narcisi andavano colti prima che uscisse il sole, i cui raggi stavano già rosicchiando l’altissima curva di fumo sopra la fabbrica di concime chimico. Così erano colti di sorpresa mentre ancora dormivano con i petali chiusi e trasportati in un altro letto. L’acqua fredda avrebbe fatto in modo che rimanessero freschi per alcune settimane e si schiudessero ogni mattina. Li staccai spezzando il gambo a un centimetro da terra. L’importante era non danneggiare il grosso bulbo, perché esso racchiudeva molti altri fiori gialli per gli anni a venire e per le tombe che avrebbero custodito le ossa lebbrose dei miei amici.

Dal 1981 ci seppellivano all’interno della cinta ospedaliera per diminuire la spesa del trasporto al crematorio di Bucarest ed evitare la spedizione dell’urna ai congiunti sparsi in ogni angolo del globo terrestre. Mi ricordo che il cambiamento non suscitò grandi proteste, perché tutti quanti – ora devo proprio dirlo – i crostosi trascorrevano qui le loro giornate a causa dei loro congiunti, terrorizzati da questa nostra malattia da Vecchio Testamento. Nell’immaginario collettivo la lebbra era collegata principalmente a due cose: in primo luogo alle scene del Ben-Hur di Wyler – una colonia di lebbrosi che si aggira per il pianeta come castigo di Dio, condannata all’odio e alla morte dolorosa in caverne isolate, lontano dalle città; in secondo luogo, la paura del mostro biologico, l’intruso del ventesimo secolo, manifestatosi in questi tempi per un fatale errore della natura oppure per giustizia divina.

satisfiction.OGNJEN SPAHIC. IL MALE CHE CONSUMA E IL CROLLO DI CEAUSESCU.ultima modifica: 2012-10-10T15:58:03+02:00da mangano1
Reposta per primo quest’articolo