Massimo Maugeri, PATRIMONIO di Philip Roth

66f4483eda0b0fc1cb51edbae2e5d842.jpgPATRIMONIO di Philip Roth, Einaudi, 2007, pag. 192, euro 16,50, traduzione di Vincenzo MantovaniPatrimonio non è – in senso tecnico – un romanzo, ma una storia vera raccontata da un grande romanziere.Hermann Roth, padre di Philip, protagonista di un’esistenza caratterizzata da tenacia, determinazione e vitalità è costretto a piegarsi all’ (inevitabile) avvento di una malattia mortale. Ha ottantasei anni quando gli viene diagnosticato un tumore al cervello che segnerà la sua fine.Philip racconta la terribile odissea della malattia, il calvario di un viaggio senza ritorno che questo padre deve affrontare accompagnato dall’amore di questo figlio fino alla soglia dell’agonia e dell’oblio. Perché un padre può anche avere ottantasei anni (età invidiabile) ma – per te figlio – non smetterà mai di essere padre, di essere colui che ti teneva per mano nelle tue passeggiate di bambino, di essere il depositario di ricordi e di esperienze famigliari che si perderanno con il suo trapasso.L’immagine di copertina è una foto di famiglia che inquadra tre Roth: Hermann e i due figli. Come ci racconta lo stesso Philip, “Siamo in posa, in costume da bagno, un Roth dietro l’altro, sul prato antistante la pensione di Bradley Beach dove la nostra famiglia affittava una camera da letto con uso cucina ogni estate per un mese. È l’agosto 1937. Abbiamo quattro, nove e trentasei anni. Ci drizziamo verso il cielo formando una V, di cui i miei sandaletti sono la base appuntita e le spalle larghe di mio padre – tra le quali è perfettamente centrata la faccia furba da folletto di Sandy – le due imponenti terminazioni della lettera. Sì, quella che spicca sulla foto è la V di Vittoria: di Vittoria, di Vacanza, di retta e distesa Verticalità! Eccola, la linea maschile, intatta e felice, in ascesa dalla nascita alla maturità!”Ma quell’ascesa non è eterna. È destinata a interrompersi, per poi intraprendere un percorso all’incontrario che prima o poi incrocerà il dolore e la perdita.“(…) quando avevo voglia di piangere piangevo, e mai ne ebbi più voglia di quando tirai fuori dalla busta la serie di immagini del suo cervello: e non perché potessi identificare prontamente il tumore che glielo stava invadendo, ma solo perché era il suo cervello, il cervello di mio padre, che lo spingeva a pensare nel modo brusco in cui pensava, a parlare nel modo enfatico in cui parlava, a ragionare nel modo emotivo in cui ragionava, a decidere nel modo impulsivo in cui decideva. (…) Ero solo e senza inibizioni, e così, mentre le immagini del suo cervello, ripreso da ogni angolo, giacevano sparpagliate sul letto dell’albergo, non feci il minimo sforzo di controllarmi. Forse l’impatto non fu quello che sarebbe stato se avessi tenuto quel cervello tra le mani, ma era qualcosa di molto simile. (…) Avevo visto il cervello di mio padre, e tutto e nulla era stato rivelato.”Il tempo ribalta posizioni e ruoli. Quel padre che teneva il figlio in braccio quand’era in fasce, quel padre che si alzava di notte a soccorrere i suoi pianti da culla, quel padre che lo portava in giro nelle giornate estive di luce, comincia a invecchiare, a regredire. E tanto più la ruota del tempo gira, quanto più posizioni e ruoli vengono ribaltati fino al punto che il padre diventa figlio (sebbene rimanga pur sempre padre) e il figlio diventa padre (sebbene rimanga pur sempre figlio).E allora qual è, qual è il patrimonio significativo che riceve il figlio? Qual è il lascito, l’eredità profonda che deriva dalla dipartita di questo padre?Troviamo la risposta in questo breve stralcio. Una risposta che, nella sua valenza metaforica, conferma la tesi del ribaltamento dei ruoli.“Si pulisce la merda del proprio padre perché dev’essere pulita, ma dopo averlo fatto tutto quello che resta da sentire lo senti come mai prima d’allora. (…) Questo, dunque era il mio patrimonio (…): non il denaro, non i tefillin, non la tazza per farsi la barba, ma la merda.”Philip Roth scrisse Patrimonio nel 1991, dopo la morte del padre. Un libro importante, pregno di narrazione, di amore, di dolore, di denuncia. Un libro che è un tributo al padre e, al tempo stesso, un raccoglitore di ricordi, ma che funge anche da fondamentale premessa per la scrittura di quel grandissimo capolavoro che è Everyman, il miglior romanzo – a mio avviso – pubblicato nell’anno 2007.Massimo Maugeri

Massimo Maugeri, PATRIMONIO di Philip Rothultima modifica: 2008-02-14T17:00:12+01:00da mangano1
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