Attilio Mangano,Risposta al questionario di POLISCRITTURE

18.10.08 ATTILIO MANGANO
“Tutte le questioni
riguardanti la biopolitica,
la vita e la morte
fanno saltare
le contrapposizioni classiche”
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1) Con quale stato d’animo avete accolto l’esito delle ultime elezioni politiche dell’aprile 2008?

Con la sensazione dell’avvio di un lungo periodo in cui le sinistre sono ridotte a minoranza per colpa loro ma incapaci di riconoscerlo, come nelle elezioni del 18 aprile 1948. ” Vi ricordate quel 18 aprile- di aver votato democristiani-senza pensare all’indomani- a rovinare la gioventù”, recita la canzone degli anni cinquanta, basterebbe sostituire democristiani con berlusconiani e la filastrocca si ripete, la leggenda di un popolo masochista che si autopunisce. Come la vittoria della DC pose fine al dopoguerra e segnò il passaggio a un sistema di governo, la vittoria berlusconiana apre la strada a un periodo nuovo e probabilmente di lunga durata –

2) La crisi dei partiti che si richiamavano alla tradizione socialista e comunista per voi è una crisi di questi partiti (Rifondazione, Comunisti Italiani, ecc.) o piuttosto della forma-partito, che di per sé non permette più di capire e intervenire positivamente sui cambiamenti della società attuale?

E’ la crisi di due tradizioni, quella socialista e quella comunista, per ragioni in parte diverse. Certo crisi dei modelli culturali e quindi ANCHE del modo di essere presenti in una società cambiata. Gli elettorati spesso sopravvivono agli stessi partiti e a volte si convogliano verso chi sembra più simile allo spazio di un tempo. La funzione di RAPPRESENTANZA rimane, ma anche una funzione di tipo identitario, non una conferma in sé del rapporto reale di scambio e interazione tra forma partito e soggetti sociali.

3) La frattura tra la sinistra radicale e il suo elettorato vi appare recuperabile o insanabile? E perché?

Non vedo crisi, per realismo e buon senso una parte dell’elettorato ha scelto di votare il male minore pur di battere il centro-destra. La crisi semmai è venuta DOPO, quando si è cominciato a capire che con questo tipo di sistema elettorale è pressoché impossibile farcela a superare il quorum. Quanto al rapporto elettorale fra sinistra ” radicale” ed elettorato va ricordato che lo spazio elettorale “a sinistra del Pci” (come si diceva allora) esisteva già prima del ‘68, vedi il Psiup. Uno spazio del 4/5 per cento si è confermato anche dopo, è cresciuto e si è diviso nel corso degli anni, in teoria uno spazio possibile che sommandosi arriva al dieci per cento ma già la sua divisione interna consente solo il riconoscimento di una area, non è affatto detto che essa si incarni in qualcosa di valido, dipende da vari fattori.

4) Quali sono per voi le ragioni principali della crisi della sinistra?

Qualche tempo fa avevo adottato la formula del “male oscuro” della sinistra per cercare di spiegare la sua ambivalenza di ideologia e logiche di potere,retorica dei riti collettivi e burocratizzazione, demagogia e quieto vivere, culto della propria diversità e omologazione strutturale. Esemplare in questo senso nei suoi paradossi l’aver adottato il vecchio schema frontista del “tutti uniti contro il fascismo” senza elaborare un programma di trasformazione reale, mentre il centro destra si presentava al paese con una idea di cambiamento e modernizzazione. C’è una doppiezza ineliminabile, da un lato ideologia e tradizione, riprodurre un immaginario politico di giustizia sociale, eguaglianza, etc, dall’altro esprimere un blocco di interessi (statali, pensionati, lavoratori stabili) conservatore, che non organizza chi lavora in nero, i precari, gli emigrati e gli strati socialmente emarginati. Nessun tentativo serio di analizzare le ragioni vincenti del moderno” populismo” nelle società complesse. La stessa convinzione che la politica di Forza Italia non fosse una cosa vera, ma un bluff, che essa vincesse grazie a televisioni, corruzioni, inganni e suggestioni. Come ai tempi del 18 aprile 1948 si pensava che la DC avesse vinto grazie alla Chiesa, alla mafia e ai padroni e non si vedeva in quel moderno partito interclassista di massa con le sue correnti che comprendevano il capitalismo di stato e gli operai cattolici,la borghesia professionale e gli statali, una politica articolata in grado di soddisfare interessi molteplici. Lo stesso intricatissimo progetto dell’Ulivo e poi del ” prodismo” è stato il tentativo di tenere in vita il vecchio modello emiliano mettendo insieme Iri e spesa pubblica, banche e cooperative con cooptazione dei sindacati al potere, statalismi e clientele con meccanismi di coalizione spartitoria, una concezione del tutto incapace di modernizzare e riformare. Un modo involontario per consegnare e regalare il paese agli avversari.

5) Individuate nell’attuale società forme di potenziali conflitti? Pensate che possano maturare in modi positivi anche senza un riferimento esplicito alla tradizione (o tradizioni) della sinistra? S/No. Perché?

Bisognerebbe distinguere fra conflitti visibili e conflitti al momento non emergenti, il gran rumore delle manifestazioni di questi giorni fa venire in mente il vecchio Pietro Nenni che parlava di piazze piene e di urne vuote, la vecchia storia di sempre: in realtà, se si va a vedere con attenzione, si scopre abbastanza facilmente che questo rumore di fondo nasconde una impotenza pratica nei confronti dell’attuale “decisionismo” governativo che, sapendo di poter contare su una maggioranza parlamentare netta, non si cura nemmeno poi tanto di rispondere, va avanti con decreti e leggi, da Napoli all’Alitalia alla scuola, per dimostrare coi risultati compiuti l’affermazione della sua stessa politica . Se invece si presta attenzione alla “società civile”, ai malumori serpeggianti, al piccolo gruppo, al volontariato vecchio e nuovo, ai blog, alle feste di strada, alle polemiche culturali, si scopre che la confusione sotto il cielo rimane grande, si scoprono i diversi rivoli di una protesta che cerca sfoghi e sfondi. Il conflitto sociale è un fatto permanente, non è mai detto perché esso emerga sempre o che ci sia lineare corrispondenza con la politica generale.

6) Assumendoci l’azzardo di una selezione, vi proponiamo in nota e in ordine di uscita un elenco di autori e libri, che ci sembrano determinanti per capire vari problemi del mondo contemporaneo. Ritenete valida questa nostra scelta? Sì/No, Perché? Ci sono altri autori od opere che suggerireste in aggiunta o in sostituzione di quelli e quelle che abbiamo proposto?

Non so rispondere adeguatamente, un conto sono autori e libri determinanti secondo me, un ’altra l’idea-questionario dei dieci libri per la scuola quadri. Autori da aggiungere ce ne sarebbero, Zizek, Beck, Glucksmann. Henri Levy, Paul Barman, Giddens, ma sono solo i primi che vengono in mente. Non voglio ironizzare su questo tipo di sondaggio, se si tratta di ragionare meglio su quali potrebbero essere i testi base e nuovi classici di riferimento per una nuova cultura politica della ” sinistra” forse si può anche fare.

7) A vostro avviso nella politica italiana ha ancora senso la contrapposizione destra/sinistra? Se sì, perché? Se ritenete, invece, superata la distinzione destra/sinistra, quali conseguenze derivate da tale constatazione?

Se la contrapposizione è intesa come quella originaria di borghesia e proletariato, come rappresentanza di interessi diversi “di classe” essa non esiste da tempo (e sarebbe utile e interessante ripercorrere la storia e le tappe), rimane la necessità per un sistema di democrazia parlamentare rappresentativa di una regola, di un motore, di una scenografia che risponda sia a domande identitarie che a una domanda di funzionalità. Tutte le questioni riguardanti la biopolitica, la vita e la morte, che da tempo si presentano come il vero problema anche se non l’unico, fanno saltare le contrapposizioni classiche.

8) Ritenete che i valori della tradizione di sinistra siano validi per affrontare i problemi della mondializzazione (guerre umanitarie, conflitti interetnici, impoverimento o sviluppo impetuoso di certe aree economiche, ecc.) e permettano di dialogare utilmente con persone appartenenti a popoli cresciuti in tradizioni culturali diverse dalla nostra (europea-occidentale)? S/No. Perché?

Valori e tradizioni in senso generale ( giustizia sociale, eguaglianza, equità) possono pur sempre mantenere un valore di principio e di riferimento, ma al tempo stesso occorre una storicizzazione che tenga conto di ciò che è successo realmente. L’esempio forse più banale ma necessario è quello di interrogarsi sulla portata dei mutamenti: se a ” sinistra” c’ anche chi crede come Putin che il crollo dell’Urss sia stata la più grande catastrofe del XX secolo come si misurerà col fatto che comunismo oggi sia parola irripetibile? (Bertinotti) Se ci sono ancora coloro che credono che il termine riformismo sia una parolaccia e socialdemocrazia peggio ancora, come si misurerà con il crollo di queste pregiudiziali? C’è infine una ” tradizione” che non risale all’Ottocento, Marx e Bakunin, né al rapporto socialdemocrazia-comunismo con le sue scomuniche, quella famosa del socialismo liberale e libertario, l’ircocervo impossibile di cui parlava Croce, quella più significativa e attuale.

9) La paura e il bisogno di sicurezza – reali o enfatizzati – spingono, anche in Italia a politiche autoritarie e incoraggiano nella vita sociale comportamenti razzisti e atteggiamenti di rifiuto, di discriminazione e di esclusione (dei diversi, degli immigrati, dei nuovi poveri, ecc.). Come giudicate questa diffusa crescita di sentimenti irrazionali? Quali sono per voi gli strumenti per intenderne meglio le cause e quali le più efficaci forme (dirette o indirette) per fronteggiarli?

Occorre forse distinguere fra paure e insicurezze reali e modelli politico-culturali con cui il pensiero conservatore tende ad affrontarle, vale a dire lo schema della cosiddetta ” tolleranza zero” che parole d’ordine diffusa da più di venti anni. Quando esplodono pratiche violente e razziste non è il governo a favorirle e incoraggiarle, son due processi uniti e diversi al tempo stesso. La paura e l’odio per i rom è fenomeno di massa e va avanti a prescindere dal tipo di governo, l’allontanamento delle prostitute dalle strade anche, solo minoranze di sinistra son disposte a difendere i rom o le prostitute, per molti aspetti le paure e le insicurezze convivono nel popolo di destra e in quello di sinistra. Credo che occorra lavorare per il lungo periodo pensando a iniziative silenziose, cose da fare e basta, preparare anche nelle parrocchie se necessario corsi di lingua perché gli studenti di origine straniera possano superare i test linguistici, aiutare tramite feste e momenti di socializzazione conoscenze che sfocino in matrimoni organizzati per dare la cittadinanza, organizzare piccoli proprietari di case perché affittino a extracomunitari, favorire crediti e banche cooperative per prestiti, organizzare reti di indagine per scoprire e denunziare i protettori delle prostitute di colore. So bene che alcune di queste proposte sono risibili, altre non sono legali, altre ancora sono troppo difficili, voglio per spiegare che solo delle reti associative di socializzazione dal basso possono fare da retroterra e costruire una cultura diversa che ” resiste” e instaura un tipo di socializzazione che smonta le paure e le insicurezze. Valgono di più dieci piccole azioni di gruppi di aiuto che mille manifestanti contro il razzismo e il governo.

domenica 19 ottobre 2008.

Attilio Mangano,Risposta al questionario di POLISCRITTUREultima modifica: 2008-10-21T18:52:00+02:00da mangano1
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