Lucia Annunziata, Chiamatela Exodus

Chiamatela Exodus

• da La Stampa del 20 aprile 2009, pag. 1
di Lucia Annunziata
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Si chiama Pinar. Ma le onde del Mediterraneo ricordano una sua sorella di molti anni fa, che vagava ugualmente senza meta, senza approdo, col suo carico di umanità a perdere, incastrata dalle logiche dei trattati internazionali nella marginalità della Storia.
Quella sorella si chiamava Exodus. Per chi è troppo giovane, ma anche per chi ha l’età del ricordo, vorrei richiamare qui quella memoria.
L’Exodus salpò ai primi di luglio del 1947 da Porto Venere. Una carretta del mare, coperta di ruggine, un goffo battello che, col nome di President Warfield, era servito in Virginia, Usa, a portare turisti su e giù per il Potomac. La comandava un giovane ebreo di 27 anni. Era stata ristrutturata nel cantiere dell’Olivo a Porto Venere e si avviava verso la più grande impresa dell’emigrazione ebraica clandestina: trasportare dall’altra parte del Mediterraneo, stivati su quattro piani di cuccette, 4.515 profughi ebrei sopravvissuti all’Olocausto. Non era la prima, e non fu l’ultima, su quella rotta, ma il suo viaggio divenne il simbolo del diritto di un popolo a emigrare.
Alla fine della seconda guerra mondiale, il Golfo della Spezia divenne uno dei luoghi di speranza per migliaia di ebrei europei, uomini, donne e bambini che avevano conosciuto la persecuzione, lo sterminio, i Lager. Nello Stato ebraico, La Spezia è chiamata ancora oggi «Schàar Zion», Porta di Sion. Da questa nostra città partirono tra l’estate del 1945 e la primavera del 1948 oltre 23 mila ebrei. Ma la traversata non fu semplice. L’arrivo di profughi in Palestina era stato bloccato a un numero di 75 mila entrate in cinque anni, secondo gli accordi del dopoguerra che avrebbero dovuto fermare il conflitto arabo-palestinese. Lo Stato di Israele, in questi accordi, non era previsto. La Gran Bretagna, che aveva il Mandato per la Palestina, combatté in tutti i modi l’arrivo dei profughi ebrei.
Nel maggio del 1946 l’immigrazione clandestina ebraica divenne un caso internazionale: l’Inghilterra bloccò la partenza dal porto della Spezia di due imbarcazioni, la Fede di Savona e il motoveliero Fenice, cariche di 1.014 persone. I profughi rimasero bloccati sulle navi, in condizioni disastrose, e partirono solo grazie all’aiuto di tutta la città italiana, l’intervento dei giornalisti di tutto il mondo e la visita a bordo di Harold Lasky, presidente dell’esecutivo del Partito laburista britannico. Nella notte tra il 7 e l’8 maggio 1947 salpò quindi la nave Trade Winds/Tikva, allestita in Portogallo, con 1.414 profughi imbarcati a Porto Venere. E a luglio la Exodus, che con i suoi 4.515 passeggeri era la più grande impresa di trasferimento illegale di clandestini nel Mediterraneo.
Exodus mosse da Porto Venere, sostò a Port-de-Bouc, caricò a Sète, fu assalita e speronata dai cacciatorpediniere britannici davanti a Kfar Vitkin, proprio quando era in vista la costa della Palestina. Ci furono morti a bordo e la nave fu sequestrata dalla Corona. Gli inglesi rimandarono i profughi ad Amburgo, al campo di Poppendorf, un ex Lager trasformato in campo di prigionia per gli ebrei. Solo con la fine del mandato britannico i profughi poterono tornare in Palestina, quando la nave, insieme con altre, salpò di nuovo dal Golfo della Spezia. La vicenda fu narrata nel 1958 da un celebre romanzo di Leon Uris, e nel 1960 da un film di Otto Preminger interpretato da Paul Newman e Eva Marie Saint.
Il Mediterraneo, il mare nostro, è sempre stato l’acqua su cui galleggiano i nostri ricordi, le nostre identità e le nostre coscienze. Oggi Israele è una potenza, che desta sentimenti forti, di amore e di antagonismo. Ma allora gli ebrei erano solo una massa di persone senza nome e senza volto, senza passato e senza futuro. Il Mediterraneo fu il loro purgatorio, la loro culla ma anche la loro speranza.
La Pinar non sarà forse mai famosa come la Exodus e non passerà alla storia. Ma il suo vagare in mare stretta tra ragioni di Stato e ragioni della umanità non è molto diverso. Allora gli italiani scelsero l’umanità. Oggi fanno la stessa, giusta, scelta. Questi illegali di oggi con la pelle nera sono i nuovi ebrei che scappano dall’Olocausto nascosto della globalizzazione.

Lucia Annunziata, Chiamatela Exodusultima modifica: 2009-04-20T19:49:00+02:00da mangano1
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