Marco Ansaldo, In Israele il nipote di Hitler

In Israele il nipote di Hitler
“Così sono diventato ebreo”
Sua nonna, nazista fervente e violenta, era sposata al nipote del Fuehrer. Nato a Francoforte, oggi lui ha scelto di vivere in Terrasanta, si è convertito e insegna il Talmud
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dal nostro inviato MARCO ANSALDO

TEL AVIV – “Il nome di nonna era Erna Patra Hitler. Dopo la guerra, per non farsi riconoscere, fece cadere la “t” e cambiò il suo nome in “Hiler”. Hans Hitler – il suo secondo marito – era il nipote del Fuehrer, ma fisicamente non lo ricordava per niente. Disponibile e gentile. “Quel che a lui mancava in termini di rudezza, non difettava invece alla moglie, mia nonna appunto”.

E’ un uomo alto e snello, con un misto di accento tedesco, inglese ed ebraico. Nato Francoforte nel 1952, ma da 25 anni vive e lavora in Israele. Ha un nome e un cognome, un numero di telefono e una mail, ma non è disposto a rivelarli pubblicamente: dimostrerebbero in modo inequivocabile non solo l’origine teutonica, ma la trama della sua vita. Da tempo si è convertito. Oggi, addirittura, insegna il Talmud, il libro sacro dell’ebraismo, in una Università israeliana. E’ il nipote di Adolf Hitler.

“Mia nonna era una nazista fervente. Lei credeva nell’ideologia nazionalsocialista, prima, durante e dopo la guerra. Era orgogliosa che suo suocero fosse il fratello di Hitler, benché egli si fosse tenuto lontano dalla politica. Lui gestiva un caffè a Berlino, e tutta la dirigenza nazista frequentava il locale. I miei genitori erano tutti e due nella Wehrmacht, l’esercito del Terzo Reich. Mio padre, ardente sostenitore del Partito, divorziò da mia madre poco dopo la mia nascita. Così fui cresciuto da lei, che a quel punto non ricevette alcun sostegno, né finanziario né tantomeno morale da nonna Erna, una donna indifferente alle pene e alle sofferenze altrui. Ho avuto un’infanzia piena di problemi. Con mia madre passavamo da una casa all’altra, buttati fuori quando non c’erano più i soldi per l’affitto. Però lei mi ha raccontato sempre tutto, mostrandomi i documenti con le svastiche, le lettere e le fotografie dei nostri parenti – compresa lei stessa – mentre indossavano le divise. E quando le chiesi, visto che sapeva le condizioni in cui vivevano gli ebrei polacchi a Lodz, perché avesse continuato a obbedire, mi disse semplicemente, con molta vergogna, “avevo paura”. Le credetti”.

Adolf Hitler, com’è noto, non ebbe figli. Ma aveva un fratellastro, Alois junior. Fu costui a generare Hans. “Hans sposò nonna Erna quando lei divorziò dall’altro mio nonno. Io, dunque, non ho alcun legame di sangue con il Fuehrer, non ho Dna in comune. Incontrai Hans solo una volta. Gli Hitler vennero a casa per un tè. Lui era un uomo molto simpatico. Nonna era elettrizzata di avere sposato uno del loro clan. Rimase nazista fino al termine dei suoi giorni”.

“Mio padre morì quando avevo 19 anni. L’ho visto di rado, e quelle poche volte ero così contento che non gli chiesi mai che cosa avesse fatto durante la guerra. Seppi dopo che era un maggiore della Wehrmacht. Mia madre mi picchiava. Un tempo così forte da non poter andare a lavorare, dopo, perché aveva le dita troppo gonfie per battere a macchina”.

“Lessi Mein Kampf, il libro di Hitler, da ragazzo. E ne rimasi imbarazzato. Come ha potuto la gente essere così stupida da eleggere un uomo che scriveva cose simili? Il mio percorso verso l’ebraismo è stato lungo. Dopo la maturità, al momento di fare il servizio militare in Germania, ho scelto teologia. Il corso prevedeva un periodo di sei settimane in Israele. Era l’inizio degli Anni Settanta. Una volta arrivato, mi sono sentito a casa. Sono rimasto. E mi sono convertito”.
Secondo alcune stime sono circa 300 i tedeschi convertiti che vivono oggi in Israele. Molti di loro tuttavia non vogliono rivelare la loro identità, preferendo nascondere il passato. Diversi sono docenti universitari. Uno di questi è proprio il nipote di Hitler che utilizza un altro nome anche se in Israele qualcuno lo ha già identificato.

“Non mi piace sentir parlare dei palestinesi con sufficienza. L’Olocausto e il Terzo Reich mi hanno forgiato. Sono pacifista, e penso che la democrazia provi sé stessa rispettando i diritti delle minoranze. Ho sempre cercato di essere onesto sulle mie origini: non le ho mai nascoste. Ne ho anzi parlato con i miei studenti, e uno di loro mi ha detto: “Immagina, tuo nonno potrebbe aver saponificato mia nonna”. Quando la mia storia ha iniziato a circolare, diverse persone con cui parlavo normalmente, non mi hanno più stretto la mano. Cambiavano strada. E ai miei figli, a scuola, i bambini sputavano addosso chiamandoli “nazisti”. Ho imparato la lezione. Certa gente non vuole che tu cambi. Mai”.
(23 aprile 2009)

Marco Ansaldo, In Israele il nipote di Hitlerultima modifica: 2009-04-23T20:56:00+02:00da mangano1
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