Una sferragliante sinfonia blues per Bob Dylan

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Una sferragliante sinfonia blues per Bob Dylan
di Roberto Brunelli

Una voce piena di sangue, uscita dalle viscere della terra. Intorno, una sferragliante sinfonia blues speziata di fisarmonica e trombe, violini e mandolini, intrisa di dolente elettricità e dolorosa saggezza. Bob Dylan nel 2009 canta ancora il suo personalissimo e magico viaggio verso la morte: perché le sue, a quasi cinquant’anni dall’esordio, sono ancora canzoni di amore perduto, di desiderio e struggimento. Certo, è beffardo fino all’ultimo, l’uomo che scelse di chiamarsi Dylan come il poeta Thomas: domenica sera, a Londra, la mitica Roundhouse era stipata all’inverosimile, tra le prime file c’erano Roger Daltrey degli Who e Bill Wyman dei Rolling Stones, c’erano i bellocci Clive Owen e Jude Law. Lui era attesissimo: tutti si aspettavano che suonasse le sue nuove canzoni, quelle di Together Through Life, da venerdì scorso nei negozi, nuovo e inaspettato album di colui che ancora è preso come un vate ma che preferisce raffigurarsi come un suonatore di strada.

ROCK’N’ROLL SURREALISTA
Un suonatore di quelli che attraversano il paese in lungo e largo a cantare di gente che ha perso il lavoro, di pietre che rotolano via e di amori bastardi. E infatti i pezzi erano ancora quelli vecchi – per quanto ontologicamente alterati – da Don’t think twice a I dont’ believe you passando per Tangled Up in Blue, più quelle della sua «rinascita» in terza età, da Aint’ Talking, la sua personalissima Divina Commedia, al rock’n’roll surrealista di Tweedle Dee & Dweedle Dum.
«Un magnifico rottame», definisce un giornale inglese il ruvido vocalizzo di mr. Tambourine Man. «I’ve got the blood of the land in my voice», canta lui: «Ho il sangue della terra nella mia voce». In effetti, Together through Life è l’ennesimo epitaffio blues sul presente. In Modern Times, lo stupefacente disco del 2006 che sbaragliò le classifiche come non mai dai tempi di Desire (1976), cantava «il mondo è diventato nero davanti ai miei occhi». Oggi il vecchio (sta per compiere 68 anni) sceglie un gioco d’amore sul bordo dell’apocalisse: «Mi muovo dopo mezzanotte, lungo viali di macchine rotte. Non so cosa farei senza questo nostro amore. Oltre a qui non giace niente… niente, a parte la luna e le stelle». Questa è Beyond Here Lies Nothin’, che apre l’album ed è forse uno dei suoi pezzi più forti: il benvenuto lo dà la tagliente chitarra di Mike Campbell, fedelissimo di questo suo ultimo tratto di strada, e subito dopo fa il suo malioso ingresso la fisarmonica di David Hildago, preso in prestito dai Los Lobos, e la tromba di Donny Herron.

UN NUOVO CAMBIAMENTO
Immediatamente capisci che sei in un territorio altro, ancora una curva – l’ennesima – nella vita e nella carriera di Dylan. Un gioco a scacchi con la storia fatto di sapori tex-mex, sogni perduti di un passato più metaforico che reale, fotografie in bianco e nero di marginalità e passioni proibite: «Sento che un cambiamento sta arrivando, ma l’ultima parte del giorno è già finita» è il ritornello di I Feel a Change Coming On, scambiata per canzone della speranza obamiana. Nessuna speranza. O perlomeno, non è certo quella la parola più adatta a descrivere l’ultimo Dylan. È che anche questa volta, anche questo suo ennesimo e sorprendente album è un curioso gioco di mistificazioni: come sempre prodotto da Jack Frost (che altri non è che Bobby medesimo), Together Through Life è specie una scatola magica per entrare tra i solchi di un vinile dei primi anni cinquanta, quelli della Chess record, o della Sun, la casa discografica che dette i natali musicali ad un tipetto con la banana chiamato Elvis, modificando però a quella leggenda sonora geneticamente i connotati.

IL GHIGNO BEFFARDO
In It’s All Good Bob tuffa il blues delle origini in una fiera di paese ironizzando sul quel «va tutto bene»: e subito vedi dipingersi sul volto del vecchio Bob quel ghigno beffardo solcato di rughe che è oramai il suo ultimo lasciapassare verso la storia. Come sempre il Dylan più verace è quello paradossale: «Quella porta è stata chiusa per sempre, semmai là ci sia mai stata una porta», sibilla rauco in Forgetful Heart, un altro blues crepuscolare cadenzato dal passo del viandante. Del suonatore di strada, quello che non si ferma mai. Quello che ha fatto un patto col diavolo, quello sgorgato dalle viscere della terra.

 

Una sferragliante sinfonia blues per Bob Dylanultima modifica: 2009-04-29T16:33:39+02:00da mangano1
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Un pensiero su “Una sferragliante sinfonia blues per Bob Dylan

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