UNA “LETTERA” SULLO STUDIO E SUL FUTURO. Il tema di italiano del piccolo Gramsci.

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SCUOLA E SOCIETA’. Scuola elementare di Ghilarza, 15 luglio 1903
UNA “LETTERA” SULLO STUDIO E SUL FUTURO. Il tema di italiano del piccolo Gramsci. “Anche da studente di IV elementare, era già lui”. Una nota di Sandra Amurri – a c. di Federico La Sala
Tema di italiano all’esame di quarta elementare: “Se un tuo compagno benestante e molto intelligente ti avesse espresso il proposito di abbandonare gli studi, che cosa gli risponderesti?”.
domenica 13 novembre 2011.
 

[…] Scuola elementare di Ghilarza, 15 luglio 1903. Non si può che restare colpiti da un maestro che chiede a dei bambini di affrontare un argomento così centrale per una società giusta e uguale: il diritto allo studio che nel 1948 diverrà un diritto sancito dalla Carta costituzionale, oggi così discussa. Ma non solo: lo studio come forma più alta della libertà di un individuo a prescindere dalle sue condizioni economiche. Non è il denaro, che la modernità ha posto al centro della vita di relazione e neppure lo sfarzo che ne deriva, per il piccolo Gramsci, a garantire un futuro onorato e dignitoso […]

Il piccolo grande Gramsci

Anche da studente di IV elementare, era già lui

di Sandra Amurri (il Fatto, 12.11.2011)

La grafia è quella di un bambino di dieci anni. Il contenuto è quello di un bambino che a dieci anni già parlava agli uomini di domani. Il suo nome è Antonio Gramsci. Questo è il suo tema di italiano all’esame di quarta elementare: “Se un tuo compagno benestante e molto intelligente ti avesse espresso il proposito di abbandonare gli studi, che cosa gli risponderesti?”.

Scuola elementare di Ghilarza, 15 luglio 1903. Non si può che restare colpiti da un maestro che chiede a dei bambini di affrontare un argomento così centrale per una società giusta e uguale: il diritto allo studio che nel 1948 diverrà un diritto sancito dalla Carta costituzionale, oggi così discussa. Ma non solo: lo studio come forma più alta della libertà di un individuo a prescindere dalle sue condizioni economiche. Non è il denaro, che la modernità ha posto al centro della vita di relazione e neppure lo sfarzo che ne deriva, per il piccolo Gramsci, a garantire un futuro onorato e dignitoso.

IL SOLO strumento per combattere l’ingiustizia sociale è la cultura. La conoscenza, perché chi non conosce non sceglie e chi non sceglie non è una persona capace di esercitare a pieno il suo compito di cittadino attivo. Più o meno le stesse cose rivendicate dagli studenti scesi in piazza contro la Riforma Gelmini, per una scuola pubblica di tutti e per tutti.

Ma veniamo al tema. Antonio Gramsci si rivolge all’ipotetico amico che chiama Giovanni per fargli sapere: “Quanti ragazzi poveri ti invidiano, loro che avrebbero voglia di studiare, ma a cui Dio non ha dato il necessario, non solo per studiare, ma molte volte, neanche per sfamarsi. Io li vedo dalla mia finestra, con che occhi guardano i ragazzi che passano con la cartella a tracolla, loro che non possono andare che alla scuola serale”.

E lo stupore cresce di fronte alla consapevolezza che il suo compagno di banco Giovanni abbia deciso di non andare più a scuola, lui che è un privilegiato: “Un punto solo mi fa stupire di te; dici che non riprenderai più gli studi, perché ti sono venuti a noia. Come, tu che sei tanto intelligente, che, grazie a Dio, non ti manca il necessario, tu vuoi abbandonare gli studi? Dici a me di far lo stesso, perché è molto meglio scorrazzare per i campi, andare ai balli e ai pubblici ritrovi, anziché rinchiudersi per quattro ore al giorno in una camera, col maestro che ci predica sempre di studiare perché se no resteremo zucconi. Ma io, caro amico, non potrò mai abbandonare gli studi che sono la mia unica speranza di vivere onoratamente quando sarò adulto, perché come sai, la mia famiglia non è ricca di beni di fortuna”.

E quanta amorevole insistenza nelle sue parole: “Torna agli studi, caro Giovanni, e vi troverai tutti i beni possibili. Chi non studia in gioventù se ne pentirà amaramente nella vecchiaia. Un rovescio di fortuna, una lite perduta, possono portare alla miseria il più ricco degli uomini. Ricordati del signor Francesco; egli era figlio di una famiglia abbastanza ricca; passò una gioventù brillan-tissima, andava ai teatri, alle bische, e finì per rovinarsi completamente, ed ora fa lo scrivano presso un avvocato che gli da sessanta lire al mese, tanto per vivacchiare. Questi esempi dovrebbero bastare a farti dissuadere dal tuo proposito”.

INFINE, il saluto, Antonio si rivolge a Giovanni scusandosi per la franchezza del suo dire, dettata dal cuore e dall’affetto: “Non pigliarti a male se ti parlo col cuore alla mano, perché ti voglio bene, e uso dire tutto in faccia, e non adularti come molti. Addio, saluta i tuoi genitori e ricevi un bacio dal Tuo amico Antonio”.

Le fotocopie di questo “tema d’autore” appartiene a Giovanni Cocco, giovane ricercatore dell’Università di Sassari, segretario provinciale del Pdci, che a sua volta l’ha ricevuta da suo padre Agostino, per oltre 20 anni segretario della scuola elementare intitolata ad Antonio Gramsci nel 1985, occasione in cui a tutti i bambini, venne regalato L’albero del riccio. Ma l’originale dove si trova, visto che all’Archivio di Stato di Oristano, dove Agostino Cocco lo aveva inviato assieme a tutti gli altri, non è mai arrivato? Un giallo che siamo riusciti a risolvere a patto che il nome di chi lo conserva – con la stessa gelosia con cui si ha cura di un tesoro – resti misterioso. L’originale del tema di quarta elementare di Gramsci ce l’ha il figlio della domestica del maestro di Antonio Gramsci, che ha ereditato la sua casa.

NELLA BIBLIOTECA, nascosto tra le pagine di un libro, c’era il tema di quel bambino che a dieci anni dava lezione di latino ai compagni del ginnasio. Una sola volta lo ha prestato alla Casa Museo Gramsci di Ghilarza perché fosse esposto durante un convegno, ma restando di guardia finché non gli è stato restituito. “È un vecchio compagno, cresciuto come me a pane e Gramsci”, dice Giovanni Cocco “che grazie ad Antonio ha appreso le cose veramente importanti per ognuno di noi, come il senso critico, e ha imparato – per fare un esempio di attualità stretta – che bisogna guardare alla speculazione finanziaria dando priorità alla speculazione mentale”.

Eppure in Italia Antonio Gramsci non è così studiato, mentre è il terzo autore più letto a livello planetario dopo Karl Marx e Jean-Jacques Rousseau. Fino a diventare l’autore più studiato nei club neoliberisti americani. Una malattia tutta italiana quella della perdita della memoria, che condanna chi non è padrone della sua storia a non esserlo neppure del suo futuro.

> UNA “LETTERA” SULLO STUDIO E SUL FUTURO. —- Appunti per una società del futuro. «Diario di viaggio nelle città gramsciane», un saggio di Giuseppe Prestipino
13 novembre 2011, di Federico La Sala
TEMPI PRESENTI
Appunti per una società del futuro
«Diario di viaggio nelle città gramsciane», un saggio di Giuseppe Prestipino *
Ha un titolo accattivante, il più recente libro di Giuseppe Prestipino: Diario di viaggio nelle città gramsciane (Edizioni Punto Rosso, pp. 548, euro 30). Sia chiaro, le «città gramsciane» a cui allude il titolo non sono Torino o Mosca, Vienna o Roma, per non parlare di Ales, Ghilarza o Turi. Le «città» cui allude Prestipino – riprendendo liberamente una tipologia di scansione storica proposta da Sorel – sono «la cité èconomique, la cité sociale, la cité savantee la cité morale», ovvero «disposizioni (o predisposizioni ) connaturate a tutti gli esseri umani» che hanno esercitato, esercitano e potranno esercitare in ogni diversa epoca storicaun primato sul complesso delle attività sociali.
Economia, socialità, cultura, eticità: fattori logico-storici che secondo Prestipino Gramsci rimette in movimento, nel momento in cui interpreta il materialismo storico in modo del tutto non «ortodosso». Prestipino intende proseguire (con Gramsci, oltre Gramsci) questa opera di interpretazione del mondo storico-sociale, facendosi guidare dalla necessità di leggere una realtà sempre in movimento. E a partire dalla convinzione che il mondo contemporaneo sia sempre più caratterizzato dall’emergere del fattore culturale, accanto a cui i comunisti (le novità dell’analisi non mutano ma rafforzano, in Prestipino, la necessità di dirsi comunisti) dovranno riuscire ad affiancare la cité morale per poter dire di essere in vista della gramsciana «società regolata».
La rilettura di Gramsci così operata da Prestipino – che richiama alcune ricche suggestioni di Raymond Williams e incrocia sia pure parzialmente gli esiti di alcuni interpreti di Gramsci come Giuseppe Cospito e Fabio Frosini – sembra negare fondatezza all’impostazione marxista classica evocata dalla celebre (e un po’ abusata) metafora struttura-sovrastruttura. È un salto d’analisi che pone molti interrogativi, non perché vi siano «ortodossie» da difendere, ma perché la formazione economico-sociale contemporanea (richiamo la categoria cara a un autore al quale Prestipino resta, nonostante tutto, legato per ragioni biografico-affettive: Emilio Sereni) mi sembra che veda più che mai centrale il primato dell’economico, anche se sempre più in simbiosi con la cité savante. Ma tale simbiosi quale segno di fondo ha? Per l’autore la situazione attuale è soprattutto dominata dal «moderno conoscere» o «moderna razionalità realizzatrice», a cui opporre la conoscenza come bene comune. Ma ciò non può avvenire che partendo dalla consapevolezza dell’odierna «determinazione in prima istanza» della cité èconomique – pena cadere in una variante dell’analisi, pur per molti versi affascinante, di Severino. Prestipino intravede piuttosto una «città futura» non che abolisca il presente o il passato (si tratta di superare, non di abolire), ma che sposi il presente dominato dal moderno conoscere con l’emergere di finalità etiche condivise. In ogni caso, gramscianamente, la distinzione tra le diverse cité – ricorda l’autore – è «metodica, non organica», la visione della realtà resta dialettica. Una ipotetica futura società comunista segnerà l’inizio di un’epoca storica che (riprendendo Dussel) Prestipino denomina «transmoderna». In essa non dovrà più prevalere il primato della statualità, neanche dello Stato integrale nel significato gramsciano: occorrono idee e anche termini nuovi – afferma l’autore – proponendo un nuovo orizzonte «cosmopolitico» all’altezza dei tempi .
Non è quello di Prestipino – come si vede – tanto un libro su Gramsci, quantodi un libro che utilizza ampiamente Gramsci per una riflessione sulla storia della filosofia e sulla storia tout court, ma soprattuttosulla politica, ovvero sulla società attuale e sulle sue prospettive.Le riflessioni sul mondo odierno (nei suoi aspetti economici, politici, sociali) si intrecciano con riflessioni sulla filosofia (da Leonardo a Vico a Hegel), sul marxismo (da Marx a Rosa Luxemburg, la più citata e, sembra di capire, la più amata, insieme a Gramsci), su alcuni dei maggiori intellettuali contemporanei (Garin, Luporini), sulla storia del comunismo (Stalin e lo stalinismo; la felice anomalia rappresentata dal Pci e poi la sua «morte»). Il tutto condito da ricordi autobiografici: poiché quella di Prestipino è una lunga e degna vita tutta spesa «da una parte della barricata», dalla giovinezza in Libia (dove maturò una precoce coscienza antifascista e poi comunista) alle dure battaglie del dopoguerra nella natia Sicilia e alla lunga militanza nel Pci, infine all’approdo nel Prc, dopo la sciagurata «svolta» occhettiana su cui l’autore torna – nella seconda parte del libro – indagandone le cause remote e prossime.
Filosofia, economia, politica, epistemologia, autobiografia. Non è facile riassumere i tanti motivi che nel libro si intersecano e si rincorrono, né semplificare la ricchezza e complessità di un’opera a tratti vulcanica. Quello che va segnalato è come quello dell’autore sia, nonostante l’età avanzata, un pensiero giovane perché mai nostalgico, mai rivolto al passato, sempre teso a «tradurre» le idee ed esperienze dei decenni trascorsi nelle forme nuove che devono assumere per avere efficacia oggi. L’importante è guardare avanti, senza però tradire la nostra storia e le nostre idee – ci dice Prestipino. E di un esempio come questo abbiamo davvero bisogno.
* il manifesto, 12.11.2011

  http://www.ilmanifesto.it/area-abbonati/in-edicola/manip2n1/20111112/manip2pg/11/manip2pz/313223/

UNA “LETTERA” SULLO STUDIO E SUL FUTURO. Il tema di italiano del piccolo Gramsci.ultima modifica: 2011-11-13T16:16:20+01:00da mangano1
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